I tablet sono per parte dell’editoria cartacea una sorta di chimera che in tutti i modi si cerca di perseguire. Sebbene Apple non abbia mai confermato un proprio eventuale progetto in tal senso, l’obiettivo degli editori è quello: un device in grado di penetrare il mercato e creare un nuovo tipo di editoria digitale che possa fare a meno del desktop tradizionale. Multimedialità, touchscreen, manualità e colore: un’esperienza arricchita, qualcosa che occupi il tempo e l’attenzione su di un prodotto pensato per la carta e maturato sui bit.
Time Inc. è tra i gruppi editoriali quello che ha palesato maggior intraprendenza in tal senso. Il gruppo ha dimostrato di credere fermamente nei tablet preannunciando la propria disponibilità a sviluppare prodotti ad hoc per questo tipo di mercato. Mancano i tablet, ma non le idee: immagini ad alta definizione, suoni che accompagnano la lettura, dimensioni gestibili con i polpastrelli, gallery da scorrere con semplici trascinamenti. La prima rivista pensata per un’esperienza simile è Sports Illustrated, e Time Inc ha piena intenzione di catturare l’attenzione degli utenti prima ancora di sviluppare un modello di business vero e concreto. Per questo un primo filmato è stato portato online: stuzzicare la domanda, sentire il polso della clientela, valutare le reazioni del mercato. E il risultato è del tutto accattivante:
Il Time ha un progetto sufficientemente preciso per questo tipo di device: contenuti accattivanti, intrattenimento che va oltre la sola fredda testualità, supporto innovativo ed una sorta di edicola digitale con cui distribuire i propri prodotti. In questa edicola potrebbero trovare spazio Time, Condé Nast e Hearst, i primi grandi editori dichiaratisi pronti al grande passo, oltre il Web e verso un modello distributivo a pagamento come la tradizione cartacea richiama. Nessun nome sulla possibile gestione di questo tipo di cartello, ma l’arrivo di un device adeguato potrebbe portare al traino anche nomi interessati a gestire i flussi nella filiera.
Anche perché, ha spiegato Eric Schmidt in una accorata lettera aperta pubblicata sul Wall Street Journal, «Video didn’t kill the radio star»: nessun media si è mai sostituito al precedente, ma ne ha soltanto modificato il mercato creando una nuova nicchia. La tv non ha ucciso la radio, Internet non ucciderà le news.