La storia di MySpace affonda le sue radici in un’epoca che, in termini tecnologici, può a tutti gli effetti definirsi lontana. Nato nel 2003 come servizio dedicato allo streaming musicale, il primo ad offrire una vetrina per band emergenti e gruppi affermati da tutto il mondo, il portale è arrivato in breve tempo a costituire la realtà social più cliccata della Rete, almeno fino all’ascesa di Facebook.
Poi il declino: nel 2005 la cessione a News Corporation di Rupert Murdoch e nel 2011 il passaggio a Specific Media, sussidiaria di Viant, quando ormai gran parte dell’utenza era già migrata altrove. Nemmeno il restyling del 2013 ha saputo cambiare le sorti di quello che, da lungo tempo, sembrava essere un destino segnato. Oggi MySpace passa nuovamente di mano, finendo sotto la proprietà di Time Inc., in seguito all’acquisizione della stessa Viant.
L’investimento, va precisato, non ha come primo obiettivo quello di rilanciare MySpace, anche se l’ipotesi non sembra del tutto da escludere. Time Inc. ha fatto proprio il gruppo Viant in primis per la sua tecnologia legata all’advertising. Per chi non ne fosse a conoscenza, l’editore gestisce magazine e riviste di importanza internazionale come TIME, Life, Sports Illustrated e Fortune. Considerando la crescente difficoltà nel monetizzare la versione cartacea delle pubblicazioni, poter disporre di una piattaforma pubblicitaria ben collaudata ed efficace può aiutare la società ad uscire da un momento non semplice (-6% di fatturato in un anno).
Per il CEO Joe Ripp l’acquisizione innescherà una vera e propria svolta. Al momento non sono state diffuse informazioni sul futuro di MySpace (il comunicato ufficiale nemmeno cita il nome della piattaforma), ma se l’intenzione è quella di puntare ad un rilancio servirà ben più di una rinfrescata al layout. Il portale si troverebbe di fronte ad un bivio: da una parte la strada che lo porterebbe a competere con giganti dello streaming come Spotify ed Apple Music, dall’altra la possibilità di sperimentare una nuova formula, magari di nicchia e maggiormente indirizzata alle realtà emergenti, come ha già fatto con successo SoundCloud.