Come Davide contro Golia, sperando che finisca come nella nota leggenda biblica: Timelines.com, la società di Chicago che un mese fa ha deciso di fare causa contro Facebook, spiega le sue ragioni in un appello alla Rete che si candida a diventare un manifesto contro l’arroganza dei colossi.
In un breve ma esaustivo appello intitolato “Perché abbiamo fatto causa a Facebook, vi chiediamo aiuto”, la società spiega di aver speso anni nel realizzare un servizio che offre agli utenti la possibilità di creare pagine web personalizzate con informazioni definite dall’utente su eventi storici, attuali e futuri. In pratica l’attività ricalca in buona misura proprio l’obiettivo della nuova feature di Facebook, la nota Timeline che porta lo stesso nome dell’azienda con cui sta avvenendo lo scontro. E qui il primo affondo:
Facebook, una società che ha chiesto di registrare il marchio per i termini “Face”, “Wall” e “Like”, peraltro citando in giudizio altri domini per l’utilizzo di “Book” nel loro nome, sta utilizzando il nome “Timeline” per un nuovo prodotto. Facebook sapeva o avrebbe dovuto sapere (data la rigorosa difesa della loro proprietà intellettuale) che l’ufficio Trademark ci ha concesso questo marchio. Quelli di Facebook avrebbero potuto almeno contattarci per il permesso di usare il nome o la licenza. Non lo hanno fatto.
Il timore, comprensibile, di essere spazzati via da questa feature mandando all’aria il prodotto costruito negli anni, ha così portato ad una denuncia che ha in qualche modo rallentato l’esordio della Timeline su Facebook. Ma c’è di più: dato che questa società non ci sta a passare per nemica dell’innovazione, specifica che vuole difendere il proprio lavoro spingendo Facebook a fare bene il suo. Per questo, alle spiegazioni segue un’iniziativa abbastanza inedita: la ricerca di aiuto nel mondo dell’attivismo online.
Se anche tu credi che una piccola azienda abbia il diritto tanto quanto una grande azienda di difendere la sua proprietà intellettuale, allora chiediamo il tuo aiuto per diffondere la nostra causa.
Il fatto, decisamente ironico, è che all’appello si risponde condividendolo sui propri social network, compreso Facebook. Un’apparente contraddizione che TechCrunch non ha mancato di sottolineare aggiungendo una sibillina parentesi (“e non dimenticate di iscrivervi alla nostra pagina Facebook”) al titolo dell’appello.
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