Non se la passa alla grande nemmeno TiVo. La crisi continua a mietere vittime e anche la compagnia produttrice del digital video recorder più diffuso negli Stati Uniti ha dovuto presentare un trimestre in perdita rispetto all’anno passato.
Solitamente il TiVo viene preso come esempio e come punto di riferimento per il resto del mercato, ma forse ora non sarà più così, non dopo aver presentato una perdita di 4,1 milioni di dollari mentre un anno fa aveva presentato un profitto di 3,6 milioni di dollari. E pure rispetto allo scorso trimestre il segno è nettamente “meno”, un calo del 9%, anche per colpa del monte delle nuove sottoscrizioni che è calato a 37.000 mensili da che erano 48.000.
Eppure il CEO Tom Rogers alla consueta conferenza con gli analisti l’ha definito «un trimestre solido». Secondo il manager la società «ha cominciato l’anno fiscale con il piede giusto». Le motivazioni sarebbero dovute soprattutto al procedere della strategie per incorporare in sè tutte le principali fonti di intrattenimento video (satellite, straming e cavo).
Altre motivazioni del calo risiedono nella mancata (per il momento) riscossione del denaro che le pay-tv devono alla società per l’uso del loro brevetto. Per contro l’anno precedente il bilancio era drogato dai 105 milioni di dollari provenienti da Echostar per una medesima guerra di brevetti vinta in tribunale.
Ora la società conta molto nel fatto che Comcast offrirà il TiVo nei nuovi mercati non come servizio premium, ma come standard. Quello delle sottoscrizioni demandate ad altre società è però un sistema che penalizza TiVo, che non ha una base utenti autonoma ma filtrata (e quindi dipendente) da Direct TV, Cox Cable, Blockbuster, Netflix e Amazon HD. E che quindi non è possibile controllare.