I domini .xxx tornano d’attualità. La prima proposta affonda le radici al lontano 2003 e negli anni gli oppositori hanno avuto la meglio nel tenere lontana la proposta dal divenire realtà. Una improvvisa vittoria legale, però, sembra ora rivoltare il destino del possibile Top Level Domain ripristinando così una ipotesi che sembrava ormai definitivamente seppellita.
La comunicazione giunge dall’ICM Registry (pdf), la parte proponente. Nel comunicato si notifica la scelta, all’interno dell’Independent Review Process (IRP), che a maggioranza è stata intrapresa dall’American Arbitration Association’s International Center for Dispute Resolution. La sentenza indica la violazione da parte dell’ICANN delle normative californiane ed internazionali: la proposta dell’ICM Registry, insomma, non poteva essere respinta ed ora l’ICANN sarà pertanto costretta a riprendere in mano la documentazione comprensiva del progetto del dominio .xxx relativo al mondo della pornografia.
L’idea iniziale dell’ICM Registry (il registro che intende occuparsi della gestione del Tld) era quella di un’area protetta nella quale gli operatori del mondo della pornografia avrebbero potuto agire garantendo massima tutela degli utenti minori, protezione contro la pedofilia e la gestione “pulita” di un ambito che sul Web è oggi tanto economicamente interessante quanto poco regolamentato e sicuro. Contro i .xxx, però, si sono scagliati in molti: uno schieramento basa la propria opposizione su principi morali, considerando l’apertura del dominio come una sorta di “legittimazione” della pornografia; un ulteriore schieramento teme invece la “ghettizzazione” del porno all’interno di un’area chiusa della Rete (meno interessante poiché meno monetizzabile).
Rispetto alla prima bocciatura molte cose sono cambiate. I piani alti dell’ICANN, innanzitutto, completamente modificati rispetto al 2003; l’egemonia USA è inoltre venuta meno, riducendo l’influenza del Governo statunitense sull’organismo. Le pressioni del Governo Bush oggi non ci sono più ed il dibattito potrebbe riprendere da zero con un approccio nuovo e differente al problema. Una rivisitazione della proposta in seno all’ICANN, quindi, potrebbe restituire esiti diversi rispetto al passato e l’ICM Registry sembra pertanto credere nuovamente di avere nuove opportunità da cogliere. Occorre considerare come la bocciatura del 2007 sia arrivata dopo una votazione contrastata ed una maggioranza 9/5 che ha visto l’astensione dell’ex-CEO Paul Twomey.
Il blog Internet Governance sottolinea un aspetto del tutto centrale in questa vicenda. La ICM Registry, infatti, ha ottenuto la propria vittoria procedendo tramite un meccanismo di appello previsto dall’ICANN. La parte ricorrente, insomma, ha potuto fidarsi delle regole interne della parte opponente e l’affidabilità delle procedure ha messo a disposizione una giuria al di sopra delle parti che ha permesso di giungere ad un verdetto equilibrato (tanto che l’ICANN dovrà anche versare 250 mila dollari alla ICM Registry a compenso parziale delle spese del ricorso). La vicenda torna ora in mano all’ICANN e la proposta .xxx torna a far discutere. Perchè la questione è delicata e tanto il versante economico quanto quello morale identificano nel dominio un elemento estremamente scottante per il board deputato alla decisione finale sul dominio.