Linux è ingrassato. Non è più il Linux di una volta, quello snello e veloce sistema operativo che proiettava la propria silhouette contro i colossi Microsoft ed Apple. A dirlo non è la concorrenza, ma la voce più autorevole del movimento: Linus Torvalds. E le sue dichiarazioni giungono dirette alla platea del LinuxCon di Portland.
Quella di Torvalds non è una accusa, ma una semplice constatazione volta a fotografare il presente per progettare il futuro. Secondo la firma numero uno del kernel, infatti, Linux è «grasso e gonfio […] E ogni volta che aggiungiamo una funzione, è sempre peggio». La visione retrospettiva di Torvalds intende sottolineare come, di questo passo, Linux non farà altro che seguire le orme di Microsoft ed Apple, i cui sistemi operativi hanno fagocitato tutto il possibile per poi trovarsi a dover seguire una necessaria cura dimagrante per snellire un codice divenuto insostenibile.
Secondo Torvalds, Linux non è più «snello» e «super-efficiente» come poteva esserlo inizialmente. Ma non si tratta di una bocciatura: il kernel rimane qualitativo, i bug scompaiono con la stessa velocità con cui vengono introdotte nuove funzionalità ed il sistema continua a crescere a grandi ritmi. Ed è proprio questa grande crescita ad imporre oggi una scelta di fondo: quale direzione intende intraprendere la community?
Torvalds ha lanciato il sasso ed in molti hanno colto la provocazione. La discussione verte sulle opportunità di Linux, sulla scalabilità del progetto, sulle qualità di un prodotto modulare, sulle differenze tra microkernel e un kernel monolitico. Lo stesso concetto di “Linux” va considerato in tutta la sua complessità ed in tutte le sue manifestazioni. L’ineluttabilità della crescita, però, sembra universalmente accettata. Alla luce del diverso agire della comunità open source e delle soluzioni proprietarie, CNet si chiede se le parti non siano destinate ad incontrarsi a metà strada, con un Linux “ingrassato” ed un Windows “dimagrito” a sfidarsi spalla a spalla. La risposta: «Probably».