In un mondo automotive che giorno dopo giorno slitta inesorabilmente verso la sua nuova dimensione che assumerà in futuro (qualunque essa sia, visto che al momento è tutto un ribollire di esperimenti alla ricerca di un nuovo equilibrio), Toyota sigla una partnership strategica con Uber stimolando anche per oggi l’evoluzione di un settore che sembra ormai uscito definitivamente dal proprio baricentro. La partnership ha per il momento i contorni sfumati di un approccio reciproco finalizzato ad esplorare eventuali opportunità: da una parte v’è il fulcro dell’innovazione a quattro ruote, dall’altra v’è uno dei produttori più importanti a livello mondiale. In comune v’è il desiderio di occupare il mercato mentre il mercato stesso evolve verso nuove forme e la velocità diventa un fattore fondamentale per non lasciare ad altri la leadership in questa fase cruciale di passaggio.
L’accordo emerge da un comunicato stampa diffuso da Toyota USA, ove la partnership viene presentata come un modo per esplorare le opportunità di una collaborazione nel mondo ridesharing. Formalmente è stato firmato un memorandum of understanding che consente a Toyota di affiancare Uber in alcuni paesi ove i viaggi in condivisione sono in aumento, potendo così toccare con mano quella che è l’esperienza utente, quelli che sono gli ostacoli legislativi e quelli che sono gli ostacoli da affrontare per raggiungere quello che sarà un nuovo modo di intendere l’automobile. La mobilità intelligente, vista come possibile soluzione ai problemi della mobilità odierna, è pertanto al centro della collaborazione ed ognuna delle parti ha elementi complementari da mettere sul piatto per spingere oltre gli sforzi profusi sul comparto.
Toyota da parte sua si è impegnata ad investire una cifra non meglio precisata in Uber, aggiungendo al tutto un programma di leasing del tutto particolare: gli autisti di Uber che sceglieranno una Toyota per le proprie guide potranno pagare il leasing direttamente con i guadagni conseguiti con la propria attività. Sarà dunque il tempo dedicato all’attività, e non il denaro, a coprire la spesa mensile dovuta alla casa produttrice. Così facendo Uber non diventa soltanto un modo per monetizzare il possesso di una automobile, ma si fa direttamente strumento di pagamento per la proprietà della stessa. Trattasi dell’ennesima spallata, di fatto, al concetto di proprietà dell’automobile: la forma del leasing si ritaglia uno spazio ulteriore e la partecipazione al progetto Uber diventa una sorta di sconto ai costi di accesso ai veicoli Toyota.
Il comunicato ufficiale prosegue con parole di circostanza che da ambo le parti plaudono alla stretta di mano: Shigeki Tomoyama, lato Toyota Motor Corporation, ringrazia per l’opportunità di poter esplorare «nuovi modi per offrire servizi di mobilità sicuri, convenienti e appetibili per i propri clienti»; Emil Michael, lato Uber, si felicita per aver caricato Toyota a bordo e per aver dato il via a questa collaborazione passando per un nuovo sistema di finanziamento nell’accaparramento del parco auto.
Ma la partnership tra Uber e Toyota va inquadrata in un più ampio contesto di commistione e collaborazione che ha già preso il via in tutto il mondo: Volkswagen ha investito nella startup Gett, General Motors in Lyft (acquistando subito dopo la Cruise Automation), Apple in Didi Chuxing. Nel frattempo guida autonoma, auto elettriche ed una miriade di investimenti nella mobilità innovativa spingono per un cambio ancor più radicale dell’orizzonte. Tutto ciò sarà più chiaro con il senno del poi, ma a questo punto appare lapalissiano il fatto che il punto di non ritorno è stato superato e che la mobilità del futuro ormai dietro l’angolo.