Il mercato della multimedialità da diverso tempo vede una continua corsa da parte dei produttori all’aumento del numero di pixel per i propri dispositivi. Schermi con risoluzioni maggiori, TV in grado di offrire qualità mai viste, apparecchi di riproduzione di elevate capacità. Tutto ciò potrebbe presto diventare un semplice ricordo: presso l’Università di Bath è infatti in fase di sviluppo un sistema per la compressione di filmati multimediali utilizzando tecniche vettoriali, rendendo sostanzialmente obsoleto il termine “pixel”.
Fino ad oggi il paradigma prevalente è stato infatti quello orientato proprio ai pixel, i minuscoli “mattoncini” che posti uno di fianco all’altro vanno a comporre le immagini sui display di PC, TV, smartphone ed altri device elettronici. Maggiore è il numero di pixel per unità di superficie, migliore è la qualità delle immagini. Film, immagini ed altri contenuti sono dunque vincolati al numero di pixel che li compongono, con risultati differenti a seconda della risoluzione del display: l’utilizzo di un approccio vettoriale, invece, rende ogni contenuto indipendente dalla risoluzione, permettendo di ingrandire o rimpicciolire qualsivoglia immagine o frame senza perdite in termini di qualità.
Il problema principale che ha impedito l’imporsi di tecnologie vettoriali è stata l’impossibilità di ottenere immagini dinamiche mediante tali tecniche, ma presso l’Università di Bath tale ostacolo sembra oramai esser stato aggirato. I ricercatori sono ora all’opera sullo sviluppo di un codec che possa rendere possibile la fruizione di contenuti vettoriali su ogni dispositivo, implementando funzionalità di codifica e decodifica in grado di migliorare sensibilmente il mondo della multimedialità digitale.
Tale innovazione potrebbe quindi rinnovare profondamente l’intero comparto, abolendo definitivamente la parola “pixel” dal vocabolario dell’informatica. I campi di applicazione sarebbero infatti sterminati e potenzialmente in grado di avviare una vera e propria rivoluzione. Una rivoluzione che secondo gli autori della scoperta potrebbe avvenire molto presto, entro al più cinque anni.