Steve Ballmer diceva di non saperne nulla, ma auspicava che Yahoo volesse ascoltare le offerte di Redmond. Carol Bartz diceva di non sapere di eventuali trattative in atto, ma alla fin fine ha dovuto cedere. I rumor attorno alla vicenda, insomma, vengono confermato: Microsoft e Yahoo sono nuovamente seduti attorno ad un tavolo per discutere una potenziale collaborazione. Dall’esito della tavola rotonda tra le parti ne uscirà il futuro quadro concorrenziale nel mondo della ricerca e del search advertising online.
«Stiamo negoziando come negoziano le aziende, cioè privatamente». Taglia corto Carol Bartz, ma parla schiettamente: «Se qualcosa succederà, lo saprete. Fino ad allora, non c’è alcunché da commentare». Quando la Bartz ha messo piede in Yahoo ha lasciato intendere a chiare lettere che non aveva intenzione di cedere alcuna proprietà. Al tempo stesso, però, ha più volte concesso una certa apertura relativamente a possibili accordi, ed a questa porta ha sempre bussato Microsoft (strenuamente interessata a sfondare nel search advertising).
Da Mountain View giunge un augurio rassegnato a Microhoo. In una intervista rilasciata ad AFP da Eric Schmidt, il CEO Google ricorda come l’intesa con Yahoo sia andata a monte all’ultimo momento a causa delle pressioni dell’antitrust, così ora a Schmidt non resta che un ironico «we wish them the best of luck» («speriamo per loro la miglior fortuna») ai due concorrenti. Ma all’arco del CEO di Mountain View non manca la freccia velenosa: «Il problema è nell’abitudine di Microsoft di usare il proprio monopolio con Windows per restringere le facoltà di scelta degli utenti. Non è una cosa nuova, se ne discute da molto tempo. Perciò qualunque cosa Microsoft possa fare per eliminare le capacità di scelta relativamente ai motori di ricerca, i browser, la distribuzione […] è cosa preoccupante e c’è già tutta una storia a proposito di ciò».
Schmidt ha espresso evidente preoccupazione per l’impegno Microsoft nel settore. Google ritiene di avere una posizione di controllo labile, assolutamente non identificabile come un monopolio, dovuta al fatto che l’utenza ha semplice facoltà di scelta e potrebbe da un giorno all’altro cambiare la propria opinione su Google per passare ad un motore concorrente. Schmidt ha anche parlato dell’economia, descrivendo come «tremenda» l’attuale situazione. Google non vede la luce in fondo al tunnel e prevede che almeno fino al 2010 vi sarà di che preoccuparsi. Lo stesso motore di ricerca non sarebbe immune ai problemi, ed i vari manager avrebbero subito tagli nei bonus rispetto al 2007 fino al 20%.
La fiducia, però, rimane se si guarda al lungo periodo. E la fiducia, secondo Schmidt, va riposta per il contesto americano in Barack Obama: quando il pacchetto di stimolo entrerà in vigore ed inizierà a sortire i primi effetti «gli americani torneranno a fare ciò che riesce loro meglio: spendere soldi».