Il diavolo sta nell'algoritmo: il caso Trenitalia

L'Antitrust ha sanzionato Trenitalia per il modo in cui l'algoritmo di ricerca cela soluzioni interessanti per l'utente, direzionando su treni più onerosi.
Il diavolo sta nell'algoritmo: il caso Trenitalia
L'Antitrust ha sanzionato Trenitalia per il modo in cui l'algoritmo di ricerca cela soluzioni interessanti per l'utente, direzionando su treni più onerosi.

Il caso Trenitalia ha molto da insegnare sotto molti punti di vista. Trenitalia, infatti, è stata sanzionata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato poiché avrebbe favorito una certa tipologia di servizi all’interno dei sistemi di ricerca automatici forniti agli utenti. Insomma: se si cercava il treno disponibile per una tratta ad una certa ora, la proposta non era onnicomprensiva, ma spesso e volentieri parziale e vincolata ai treni con prezzo (e servizio) superiore. «A seguito di un complesso procedimento», spiega infatti l’AGCM, «l’Autorità ha accertato che l’insieme di soluzioni di viaggio proposte a seguito di una ricerca su tali strumenti informatici omette numerose soluzioni con treni regionali (generalmente più economiche), pur trattandosi di alternative sostituibili a quelle invece mostrate, alterando in questo modo la scelta del consumatore».

I treni Regionali erano insomma nascosti dietro l’algoritmo ed in questo comportamento l’autorità ha ravvisato una violazione punibile con 5 milioni di euro: «Trenitalia non ha in alcun modo informato i consumatori in merito a tale importante limitazione, ma ha anzi utilizzato, sul sito aziendale, la denominazione ingannevole “tutti i treni»”. Il caso si chiude quindi così: una sanzione, l’obbligo di pubblicazione di “comunicazioni a tutela del consumatore” su sito e app, una raccomandazione circa i comportamenti futuri. Ma non si sarà fatto un vero passo avanti se il caso non avrà insegnato qualcosa anche ai consumatori, a coloro i quali con questo algoritmo si sono confrontati più e più volte.

Il diavolo dietro l’algoritmo

C’è infatti una sorta di bonaria ingenuità dietro ad ogni nostra ricerca online: si tratta di una imperitura fiducia nello strumento, come se equità e trasparenza fossero caratteristiche innate di ogni algoritmo. C’è una malcelata inerzia in tutto ciò, un placido affidarsi al click ed al risultato nella convinzione per cui sia questo il modo in assoluto migliore per ottenere la miglior soluzione in assoluto. Tuttavia ogni algoritmo ha un’origine e una sua natura, un autore ed una sua finalità. Se la macchina è di per sé neutrale, l’uomo che la programma non lo è mai e persegue precise finalità. Nel giro di pochi mesi le autorità antitrust hanno pertanto commissionato una grave sanzione a Google prima ed a Trenitalia poi per meccanismi diversi che affondano le radici nel medesimo substrato: il comportamento dell’utente è prevedibile e quindi non è complesso veicolarne le scelte.

Una volta il diavolo si celava nei dettagli, mentre oggi è ancor più nascosto: il diavolo si cela dietro un algoritmo, se ne maschera con il suo volto neutrale e si presenta con la voce affabile dell’assistenza personale dall’immacolata trasparenza. Per vivere a contatto ed in rapporto con gli algoritmi e con la ricerca, quindi, l’utente deve giocoforza metabolizzare questa consapevolezza: non si possono delegare completamente le proprie scelte ad un sistema di ricerca online o ad una app, poiché quel che c’è dietro il meccanismo è tutt’altro che trasparente. Il codice è ignoto ed il rapporto si basa in realtà solo sulla fiducia. Spesso su di una cieca fiducia.

Quando si cerca online, qualsiasi motore o servizio si usi, occorre dunque imparare a puntellare la fiducia con le necessarie verifiche, per capire quali siano davvero i miglior interlocutori e quale possa essere il miglior comportamento da tenere per non cadere in facili tranelli. la fiducia è una delega, si sa: delegare l’intelligenza è in ogni caso un comportamento sconveniente, soprattutto quando la controparte è un algoritmo. Non ci si può fidare ciecamente dell’opacità: serve un atteggiamento vigile, serve attenzione, serve quel pizzico di senso critico che rende i servizi digitali un supporto e non un riferimento univoco.

Umanamente saremmo capaci di interpretare espressioni e movimenti di un bigliettaio in stazione, ma non abbiamo possibilità alcuna di “interpretare” un algoritmo: semplicemente siamo costretti a fidarci di quel che vediamo. Ma imparare a verificare incrociando i dati è qualcosa che ci metterebbe al riparo da problemi e ci regalerebbe enormi opportunità. E ci insegnerebbe peraltro anche ad evitare le fake news, il che rende questo consiglio qualcosa più di una semplice deduzione relativa al caso Trenitalia: è il mondo online, baby, e bisogna imparare a viverci.

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