Di recente il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha nuovamente puntato il dito contro Google, sostenendo che ci siano pregiudizi nei confronti dei conservatori da parte del colosso della ricerca. Inoltre, è convinto che l’azienda stia cospirando per “manipolare illegalmente le elezioni del 2020”.
Dopo essersi incontrato con il CEO Sundar Pichai e aver discusso delle notizie recenti relative alla società, incluso il suo lavoro in Cina, Trump ha dichiarato che “tutto sembrava a posto” prima di venire a conoscenza di un ex ingegnere di Google che recentemente ha affermato ci fosse pregiudizio nei confronti dei conservatori presenti in azienda. L’ex dipendente in questione, Kevin Cernekee, ha peraltro rilasciato un’intervista a Lou Dobbs in cui afferma che BigG avrebbe lavorato per danneggiare la rielezione di Donald Trump per il 2020. Chiaramente la società ha commentato dicendo che le accuse di Cernekee sarebbero prive di fondamento, ma il presidente USA non ha potuto fare a meno di inveire contro la società su Twitter: “è tutto così illegale”, dichiara a conclusione del commento.
…in 2020.” Lou Dobbs stated that this is a fraud on the American public. @peterschweizer stated with certainty that they suppressed negative stories on Hillary Clinton, and boosted negative stories on Donald Trump. All very illegal. We are watching Google very closely!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) August 6, 2019
Un portavoce dell’azienda di Mountain View, aggiungendo che l’ex ingegnere è stato licenziato per aver divulgato informazioni riservate, ha affermato:
Le dichiarazioni fornite dal nostro ex dipendente sono assolutamente false. Facciamo tutto il possibile per realizzare i nostri prodotti e applicare le nostre politiche in modi che non tengano conto delle idee politiche.
Non è la prima volta che il presidente degli Stati Uniti attacca il gigante della tecnologia: in passato ha infatti accusato Google di “aiutare la Cina e le sue forze armate, ma non gli Stati Uniti”, e il cofondatore di Paypal Peter Thiel ha addirittura invitato l’FBI a indagare sul motore di ricerca per i suoi legami “apparentemente profondi” con il governo cinese. Non una posizione favorevole quella dell’azienda nei confronti dei vertici USA, insomma, ma i dirigenti continuano a difendere le proprie politiche.