Motivi legali, motivi concorrenziali, motivi economici: la gamma delle motivazioni è ampia e tale da mettere assieme una folta schiera di rivali pronti a dar battaglia a YouTube. I nomi sono sufficienti per rendere l’idea della potenza di fuoco in ballo: MySpace, NBC, AOL, Yahoo, Microsoft. Al tutto si aggiungano le partecipazioni proprietarie di General Electric, Time Warner e Vivendi, nonchè le pubblicità Cisco, General Motors e Cadbury Schweppes.
L’intenzione evidente è quella di comporre una schiera di servizi di videosharing in grado di opporsi a YouTube nel pieno rispetto del reciproco copyright. Secondo quanto indicato da Reuters «il portale trasmetterà spettacoli televisivi completi, film e videoclip, tra cui programmi di successo come “Saturday Night Live” e “I Simpson” oltre ad alcune delle ultime pellicole ad essere uscite nelle sale come “Il diavolo veste Prada” e “Borat”». Al tutto si aggiungerebbero inoltre nomi quali “24”, “House” o “The Tonight Show”.
L’annuncio è stato formalizzato, le strette di mano sono piene di entusiasmo, ma rimangono al momento quantomeno nebulose le modalità con cui il tutto andrà ad essere concretizzato. Alcuni dettagli lasciano ipotizzare una nuova entità trasversale con cui i video potranno essere distribuiti dalle parti coinvolte, con condivisione conseguente degli introiti (determinati da una raccolta pubblicitaria legata direttamente all’entità di distribuzione).
Per seguire l’evolversi del progetto può essere utile rileggere con il senno del poi i movimenti Microsoft: prima è stato lanciato Soapbox, un nuovo calderone anti-YouTube per la raccolta di user-generated content; poi il gruppo si è scagliato contro YouTube, cavalcando le rivendicazioni Viacom, ed offrendosi come spalla per un progetto in grado di garantire piena protezione dei contenuti; quindi è emerso il nuovo progetto attorno al quale i grandi nomi hanno subito aderito; contemporaneamente Soapbox chiude temporaneamente le porte ai nuovi utenti per iniziare i lavori di preparazione utili a proteggere la piattaforma da upload sconvenienti.
A giochi fatti il mercato dovrebbe presentare vari servizi di videosharing in cui, in piena logica di coopetition, gli user-generated content raccolti diventano un complemento di duplice utilità (proventi promozionali da una parte, effetti di passaparola virale dall’altra) per portare potenziale clientela ai contenuti protetti. YouTube si troverebbe così in evidente difficoltà in quanto, soprattutto a livello legale, si troverebbe in posizione di assoluto isolamento. Visti i nomi in campo, i progetti emersi e l’impegno profuso, la sensazione è che la sfida a YouTube non si esaurisca comunque in una azione d’ostruzione: News Corp, Microsoft, Yahoo, Time Warner ed NBC sembrano avere serie ambizioni di mercato.