L’ICANN si trova al centro di un problema da non sottovalutare. Dopo la scelta di estendere e moltiplicare il numero dei Top Level Domain a disposizione di utenti ed aziende, infatti, l’ente si è trovato solo e al centro di un tiro incrociato che in più di un caso ha bocciato la proposta definendola, nel migliore dei casi, «affrettata» e «prematura».
La proposta dell’ICANN prevede che in tempi brevi, probabilmente già a partire da giugno 2009, Internet possa trovarsi con una esplosione di nuovi domini (da 200 a 800) tali per cui potranno ad esempio essere registrati riferimenti del tipo dominio.google o dominio.microsoft (al posto dei tradizionali .com o .net). Alcune regole definiscono la lunghezza massima (63 caratteri) ed i limiti per evitare confusioni o sovrapposizioni. Trattasi con tutta evidenza di un cambio radicale che potrebbe portare ad un feroce cambiamento di orizzonti sul web per come lo si è inteso fino ad oggi. Se già i vari .biz, .info, .tv ed altri avevano fatto sussultare quanti auspicavano un numero ristretto di TlD, ora l’accelerazione impressa denota una scelta precisa da parte dell’ICANN.
Scelta che, per giungere a compimento, dovrà innanzitutto scavalcare alcuni ostacoli non indifferenti. Ed il 15 dicembre era il giorno ultimo per far arrivare all’ICANN i giudizi di parte sulla proposta, per evidenziare eventuali criticità e suggerire proposte che in fase di riesame potrebbero essere assorbite dall’ICANN nella bozza che andrà a maturazione.
Il primo ostacolo è nel parere del gruppo Visa: in una lettera datata 12 dicembre, Denise Yee, senior trademark counsel del gruppo, ha chiesto che la proposta dell’ICANN possa quantomeno essere spostata nel tempo. Troppe questioni, secondo la Yee, sarebbero ancora in sospeso e per l’ICANN i dubbi di un’azienda come la Visa sono giocoforza elementi da tenere in ferma considerazione.
Un secondo ostacolo fondamentale è nell’opinione della Association of National Advertisers. Secondo l’ANA la proposta è «prematura» e «controproducente»: l’allarmismo dell’associazione è rivolto soprattutto alla necessità di monitorare un crescente numero di domini per verificare che nessuno tenti abusivamente di sfruttare il trademark altrui. Se già oggi trattasi di un compito improbo, passare da 12 domini generali a qualche centinaia significa moltiplicare i costi in modo esponenziale. L’ANA ammette che qualche beneficio il nuovo sistema potrebbe apportarlo, ma i rischi sono in questo caso troppi a fronte di un numero minimo di opportunità: la richiesta, in pratica, è quella di abbandonare l’idea o quantomeno procrastinarne nel tempo l’adozione in attesa di nuove analisi e nuove valutazioni.
Melissa MacGregor, consigliere generale della Securities Industry and Financial Markets Association (SIFMA), si schiera su medesimo versante: troppi rischi, trascurabili opportunità, il bilancio lascia propendere per una bocciatura della proposta. Adobe sottoscrive: una lettera firmata dal consigliere generale Dan Poliak schiera il gruppo contro l’ICANN in tempi non sospetti, per trovarsi poi nel giro di poche settimane in buona compagnia.
Mentre la Chevron sottolinea tra gli altri i problemi di sicurezza che potrebbero disorientare l’utenza nell’analisi delle URL, altri critici si schierano contro le difformità di prezzo che potrebbero esserci tra domini differenti. Tali disparità, sia pur se evidenti e solo approssimativamente limitabili dalla Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, non costituiscono però l’elemento cruciale nella battaglia al progetto: sicurezza e trademark sembrano invece essere gli esami più importanti che l’ICANN dovrà affrontare se intenderà imporre la propria idea di World Wide Web.
Il costo è, per contro, un elemento che l’ICANN ha sicuramente tenuto in stretta considerazione: ogni singolo dominio porterebbe nelle casse dell’associazione 185000 dollari per ogni nuovo TlD approvato, più ulteriori 75000 dollari annui per mantenere attivo il dominio. In proiezione trattasi potenzialmente di un affare da 150 milioni di dollari una tantum e 60 milioni di dollari annui nel caso in cui l’intera gamma degli 800 domini previsti andasse ad esaurimento.