Google Buzz, il nuovo lato sociale aggiunto a Gmail, è stato accolto con curiosità e scetticismo e saranno le medesime due sensazioni ad accompagnarne i primi passi ancora per un po’. La curiosità è dettata dal potenziale, dai margini di sviluppo, dalle possibilità di miglioramento e dal prepotente traino del brand. Lo scetticismo, invece, è suggerito da un più pragmatico approccio ad un servizio chiaramente immaturo, sostanzialmente grezzo e generalmente inadatto a svolgere il ruolo che si prefigge.
Il “buzz” emergente in queste ore si basa sul mix dei due ingredienti indicati, e ne esce un sapore che esprime una certa confusione: Google Buzz non è stato capito fino in fondo e l’utenza non sembra aver compreso l’utilità di cui potersi giovare. Trattasi comunque di sensazioni iniziali per un servizio che ancora non è stato aperto a tutti gli utenti Gmail, ancora non può far leva sul valore dei contenuti (le bacheche sono perlopiù vuote) e soprattutto al momento è popolato in modo particolare da heavy user particolarmente critici ed analitici. Il rischio per Google è che ancora una volta un esperimento “social” cada nel vuoto, confermando il tallone d’Achille del gruppo in questo tipo di progetti; le opportunità sono invece vaste e tali da accettare il rischio per scommettere sulla nuova idea con estrema decisione.
Ad imprimere una certa direzione al buzz, però, intervengono in queste ore anche alcuni nomi altisonanti pronti a scendere in campo fin da subito per attaccare la nuova creatura di Mountain View. Il primo detrattore è Yahoo, da cui nel giro di breve è già arrivato un tweet che rivendica il fatto che Yahoo Buzz è qualcosa di attivo da ben due anni (ai tempi, quando ancora il social networking non era maturo quanto lo è oggi, se ne descrivevano i contorni come una sorta di commistione tra Google News e Digg), con medesima filosofia “open” e con integrazioni molteplici con vari servizi: Google Buzz non è pertanto nulla di nuovo e, tra le righe, non merita tanta attenzione.
A spalleggiare Yahoo giunge l’opinione Microsoft: Redmond consegna a TechCrunch un’opinione netta sul progetto ricordando come Microsoft collabori da tempo con Flickr, Facebook, Twitter ed altri 75 partner per sviluppare quel che ora Google sembra voler far proprio con la forza degli annunci. Il team di Redmond ritiene poco utile l’ennesima riproposizione del concetto, considerandolo una sorta di rumore in un settore che invece richiederebbe strumenti in grado di aumentare l’integrazione, ridurre la ridondanza e facilitare l’accesso alle informazioni ed alla condivisione. In parallelo, inoltre, una analisi di Windows Live Messenger dal parte del team Windows Live ricorda come il client aggiorni gli status su Facebook da tempo, e che quindi l’integrazione tra Google Talk e Google Buzz sia nulla più che non una riproposizione di concetti già vecchi e conosciuti.
Secca anche la bocciatura di Dave Winer (noto sviluppatore USA), la cui prima preoccupazione sembra essere quella di disattivare immediatamente tale funzione. Lo sconcerto è anzitutto legato all’attivazione di default della funzione, senza la necessaria autorizzazione dell’utente; si contesta inoltre l’inquinamento della casella di posta con un flusso di informazioni che vanno a sostituire lo spam nel disturbare l’uso del servizio; bocciato il nome, bocciata la commistione con lo spazio sacro e privato della posta elettronica, bocciata l’estrema immaturità di un prodotto propinato agli utenti come progetto finito sebbene in stato chiaramente larvale.
Nonostante tutto ciò, il gusto dell’ingrediente della curiosità si impone. Google sta infatti per portare il prodotto nelle mani di 170 milioni di utenti e nel momento in cui la casellina “buzz” inizierà a contare sempre più contenuti il traino del brand verso il click potrebbe farsi sempre più consistente. Google, insomma, sta tentando di trasferire il successo della posta elettronica verso il successo del proprio social network. E la curiosità è una forma di rispetto che si deve, nonostante tutto lo scetticismo di queste ore.