Twitter ha deciso di dire la sua a proposito di un mandato di comparizione per un attivista politico e le sue ragioni potrebbero riscrivere il senso del Primo Emendamento. Negli Usa il caso di Malcolm Harris è molto noto: dopo alcuni tweet durante “Occupy Wall Street”, l’attivista si è trovato denunciato dall’Ufficio del Procuratore distrettuale di Manhattan per cattiva condotta, mentre la società californiana ha ricevuto la richiesta del tribunale di New York di girare i dati sull’utente alla procura. Ma Twitter, contro ogni previsione, ha detto di no. E ha rilanciato con una mozione che punto per punto smonta la richiesta.
Tra gli attivisti della rete già si parla della mozione (PDF) di Twitter come di un testo epigonale per aggiornare le leggi americane nell’era 2.0. Nel testo, infatti, Twitter affronta senza paura i tentativi sempre più agguerriti delle procure di impadronirsi dei dati degli utenti, i quali perdono sempre perché fin qui gli inquirenti hanno sostenuto che questi contenuti, essendo virtuali, non necessitano del mandato di perquisizione.
Twitter però non la pensa affatto così e il parere di alcuni giuristi è che la sua mozione sia ben formata. Per quale ragione? L’intuizione dei legali, che autonomamente hanno deciso di difendere l’attivista dopo che Harris non è riuscito a ottenere la sospensione del mandato, è che allo stato attuale la garanzia di libertà di espressione degli utenti dei social network si è trasferita, perché usandoli vi si affidano dati sensibili coi quali esprimiamo liberamente i nostri pareri. Questo affidamento corrisponderebbe quindi al trasferimento anche della garanzia di poterlo continuare a fare: come se invece di un tweet scrivessimo la stessa cosa su di un volantino.
Ma c’è di più. Twitter ritiene che Harris non possa essere neppure citato in giudizio finché non ci sarà un mandato per sequestrare quei tweet, secondo le leggi americane. E per farlo la giurisdizione è la California, non New York. Uno sgambetto alla procura che potrebbe bloccare tutto. Anche in questo caso il concetto è all’avanguardia ed è espresso da Benjamin Lee (@BenL) consulente legale di Twitter:
Un mandato di comparizione vìola i Termini del servizio in cui si afferma che gli utenti conservano i diritti su qualsiasi contenuto visualizzato (…) Il quarto emendamento spiega inoltre che il mandato si applica anche quando il governo cerca informazioni su presunte attività pubbliche.
Scacco matto: se vuoi i tweet devi prima chiederceli, ma se vuoi chiederceli devi farlo rispettando la legge federale, che in pratica ti impedisce di farlo. Di questa mozione piace un passaggio culturale che potrebbe modificare il rapporto tripartito fra utenti, social network ed enti governativi, fino al punto di immaginare queste aziende sfidare le procure al posto dei cittadini che non sono informati dell’indagine, per il semplice fatto che i tweet o i post non sono fisici e quindi chi li ha prodotti non ha il tempo di chiedere a un legale di preparare una mozione non essendo quasi mai informato delle indagini come invece lo sono le aziende.
In questo modo, si avvicina una versione online del Primo Emendamento alla Costituzione americana che potrebbe essere riassunta così: negli specifici casi in cui gli utenti Internet non possono proteggere i propri diritti costituzionali, sono chiamate a farlo le aziende proprietarie dei server contenenti le espressioni costituzionalmente garantite.