«Quando discutiamo il futuro di Twitter, ci focalizziamo sui meccanismi attraverso i quali possiamo costruire una piattaforma di valore duraturo. I tre meccanismi più importanti per costruire così una piattaforma sono un’architettura estendibile, la disponibilità di robuste API per le varie funzionalità ed una assicurazione di lungo periodo per salute e valore della user experience. Il proposito di questo post è spiegare cosa stiamo costruendo, come sosterremo la compagnia e l’ecosistema e dove crediamo ci possano essere grosse opportunità per il vasto ecosistema dei partner».
Il flusso di parole usato da Twitter nel proprio post può essere riassunto in un breve concetto: solo Twitter può gestire la pubblicità su Twitter. La novità annunciata (e presto inclusa nei termini del servizio per gli sviluppatori), infatti, è nella proibizione di fatto dei flussi automatici di advertising da entità esterne che utilizzano le API del servizio per portare avanti le proprie inserzioni. Tutto ciò non potrà più essere possibile perchè, spiega Twitter, questo tipo di attività non può conformarsi con le prospettive di crescita e di soddisfazione per gli utenti che il team si propone per i mesi a venire.
Secondo Twitter, i flussi esterni tendono a massimizzare i guadagni minimizzando la qualità dell’esperienza sul network. È chiaro a tutti, però, come il problema possa essere anche e soprattutto un altro: flussi esterni di advertising possono creare una problematica concorrenza interna che non può che rivelarsi oltremodo deleteria. Per questo motivo Twitter spiega di voler far chiarezza: chi vuol costruire una attività redditizia tramite Twitter dovrà farlo con applicazioni e servizi esterni, senza inquinare però il flusso di informazioni che anima le bacheche del social network. Qualunque altro sfruttamento è lecito e benvenuto, purchè porti il verbo di Twitter davanti agli occhi degli utenti incoraggiandone l’uso e l’adozione.
Vittime sacrificali della nuova policy sono servizi come Twad.ly, 140 Proof o Ad.ly (che in dote aveva nomi quali TechCrunch, Newsweek, The Next Web, Chris Pirillo e Cristiano Ronaldo, i cui prezzi di inserzione sono direttamente proporzionali al numero dei follower in dote). Così facendo Twitter chiude una porta importante a chi ad oggi aveva tutto l’interesse alla promozione della piattaforma, ma al tempo stesso tiene per sé una formula di monetizzazione che altrimenti era messa a serio rischio dall’invadenza esterna. Un compromesso doloroso ma necessario, insomma, in virtù delle prospettive di lungo periodo che un gruppo di grande ambizione non può non nutrire.