Chi sale e chi scende. Se non ci sono dubbi sul forte consolidamento di entrambi i social network, Facebook e Twitter non condividono lo stesso destino ovunque. Gli ultimi sondaggi dicono che i giapponesi preferiscono di gran lunga la brevità del tweet ai post di Facebook, mentre dal Regno Unito arriva una notizia inaspettata: Big F avrebbe perso 600 mila utenti. Un vero crollo, oppure un’anomalia statistica?
Nel mondo del web 2.0 è decisamente complesso ottenere dei numeri statisticamente fondati. La ragione è ben spiegata da Vincenzo Cosenza nella sua consueta mappa dei social network: da quando Google ha deciso di spegnere il servizio Trends for Websites e Facebook ha deciso di puntare ai dispositivi mobili (al momento non tracciabili) non si sa quanto ci si possa affidare alle analisi indirette per stabilire la popolarità di una rete sociale.
Per questo motivo, i dati che più fanno discutere in questi giorni provengono da strumenti completamente diversi: un triplo sondaggio del motore di ricerca nipponico Nifty con una società di marketing e una società di indagini online; i dati di Socialbakers, una società di analisi che parte dai numeri dell’advertising.
Nel primo caso, il sondaggio mostra l’eccezionale preferenza dei giapponesi per il microblogging rispetto a Facebook: tra i giovani ventenni Twitter viene preferito come social preferito dal 42% degli intervistati contro il 13% degli amanti di Facebook, anche se molti intervistati (il 41%) dichiarano di essere curiosi di provare quest’ultimo.
Nella terra del Sol Levante non è una novità: chat e smartphone sono sempre stati più diffusi, una vera mania. Il giapponese è la seconda lingua più parlata su Twitter e in Giappone sono stati registrati tutti i record mondiali del sito, compreso quello del flusso più ampio: 25.088 tweet al secondo nel corso del passaggio televisivo di un film nel 2011.
Discorso completamente diverso per gli strani numeri da Londra. Secondo questa ricerca, pubblicata sul Guardian, il social network di Mark Zuckerberg avrebbe perso la bellezza di 600 mila utenti nel mese di dicembre. Ma com’è possibile un declino così verticale? Il quartier generale, alle prese con la misteriosa conferenza stampa di oggi, ha comunque trovato il tempo di replicare, commentando la natura imprecisa di questi dati:
La ragione principale di questo dato è che vengono utilizzati gli strumenti di pubblicità di Facebook. Socialbakers è principalmente un marketing partner che vende i suoi dati ai marchi che utilizzano Facebook, ma questo non sempre fornisce un quadro completo dell’utenza. Una stima di massima sulla portata degli annunci non è progettata per essere una fonte affidabile sulla crescita complessiva di Facebook.
Tecnicamente, la risposta è perfetta. Ma sia il Guardian che TechCrunch, spulciando il report, hanno trovato una correlazione con il mercato del Regno Unito, che è uno dei più saturi. Il Regno Unito è il sesto più grande mercato per Facebook in tutto il mondo, con quasi 33 milioni di utenti, in crescita di oltre due milioni negli ultimi sei mesi. Qualcuno comincia a sospettare che ci sia un punto di saturazione oltre il quale si assiste a un rimbalzo, un assestamento, e poi a una ulteriore crescita solo in caso di una forte innovazione.
Anche Facebook, in fondo, è un prodotto. Da questo punto di vista, Twitter e Facebook non potrebbero essere più diversi: il primo in espansione grazie ai device in mobilità, il secondo partito nato prima sul desk; Twitter lontano dalla saturazione, Facebook a quota un miliardo di utenti; Twitter ben lungi dal quotarsi in Borsa, Facebook alle prese con il suo titolo tecnologico sul Nasdaq. Realtà diverse che vivono diverse forme di velocità di espansione. Ma nessuno oggi può ragionevolmente affermare che stiano perdendo utenti.