Se pensavate che con Foodora, Just Eat e Deliveroo ce ne fosse già abbastanza vi sbagliavate: nel settore piu discusso del momento è entrata Uber, che significa stessa tecnologia (app, geolocalizzazione, algoritmi, logistica), ma più capitali e un modello che sposta ancora più in là l’economia del trasporto on demand di cibo. Uber Eats è pronta su iOS e Android in versione italiana da oggi.
Uber ha già maturato molta esperienza con il trasporto di cibo, Milano è la 44esima città del mondo dove porta questa particolare applicazione indipendente. Non un grande attestato per il mercato italiano, certamente il capoluogo lombardo è il primo posto dove iniziare per almeno tre ragioni: concentrazione di ristoranti (un centinaio quelli nel network di Uber), di consumatori, alto livello di alfabetizzazione e confidenza coi servizi app mobile. Sarà dunque la smart city italiana per eccellenza a rappresentare il test di ammissione per Uber in questo settore. La multinazionale ha già calcolato che molto presto potrebbe diventare in Italia la principale fonte di introiti superando quella della prenotazione Ncc.
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— Uber Eats (@UberEats) October 25, 2016
Proprio oggi a Smau il country manager di Uber, Carlo Tursi, avrà l’occasione di toccare con mano la vivacità di Milano, dove il servizio dovrà scontrarsi con una bella concorrenza. Su cosa punterà? A parte l’ovvia fidelizzazione dei clienti e grande tecnologia, il punto che la distingue dagli altri è che i suoi fattorini non lavoreranno per lei, ma in varianza per le cucine collegate. In pratica, è il corrispettivo di Uber Pop per il trasporto cibo: i driver (in questo caso biker, corrieri su brevi percorsi) vengono pagati come lavoratori autonomi dai ristoratori, non saranno riconoscibili come operatori per Uber, non avranno turni o altri particolari obblighi sugli orari e sulla zona geografica, mentre Uber è “soltanto” intermediario tecnologico, fornitore della piattaforma di prenotazione che guadagna dalla fee (commissione) ad ogni transazione. L’ammontare delle commissioni pagate dal lato fornitore di cibo forma la base dalla quale il corriere preleva la propria parte a seconda di quanto ha lavorato. Benvenuti nella gig economy, dove tutti fanno lavoretti e pochi, cioè la piattaforme, accumulano enormi capitali grazie a servizi tecnologici puramente remunerativi che non devono alimentare alcun welfare.
Il mercato del food delivery
Il progetto pilota parte da Milano e l’intenzione, spiegata dallo stesso Tursi, è quella di estendersi, inserendosi nel mercato con un approccio diverso dai competitori mostrandosi come una piattaforma di intermediazione tra autonomi (consumatori, ristoranti e corrieri) senza obblighi di nessuna natura per questi ultimi. Già, ma come si presenta questo mercato? I dati dell’ultimo Osservatorio eCommerce del Politecnico hanno aggiornato quello che si sapeva del food, e si potrebbe usare la metafora dello stagno con tanti pesciolini. I servizi, infatti, crescono più velocemente della domanda.
Qualche numero. Gli acquirenti online sono aumentati del 7% nel 2016 (sono circa 19 milioni, poco più del 60% degli utenti Internet italiani). Su questa fetta il Food&Grocery vale 575 milioni di euro e cresce comunque del 30%. L’andamento è dunque molto positivo, eppure i ristoranti attualmente online col loro eCommerce sono sempre gli stessi, meno del 20% del totale. Il buon andamento del settore è perciò riconducibile al grande lavoro fatto dai diversi player, ognuno con la sua diversa offerta, più che da nuove cucine collegate.
I consumatori online acquistano prodotti di largo consumo dai supermercati online (ad esempio Carrefour, Esselunga e Tigros) e dalle grandi DotCom (ad esempio Amazon), sia i prodotti enogastronomici dai produttori, dai retailer specializzati (ad esempio Eataly Net), dai siti delle vendite private e dai marketplace; vanno pazzi per gli acquisti di vino dalle enoteche online e dai siti delle vendite private specializzate (ad esempio Svinando e Tannico) e quelli di cibo pronto dagli aggregatori (Deliveroo e Just Eat) e per le consegne a domicilio della spesa basta citare Amazon Prime Now, attivo a Milano da Novembre 2015. Anche Eataly Today, attivo sempre a Milano da Luglio 2016, per la consegna anche di prodotti freschissimi o gastronomici, direttamente dalla cucina stellata di Alice, e Deliveroo che garantisce un tempo di evasione, dalla ricezione dell’ordine alla consegna, di 30 minuti.
Uber Eats entrerà in questo mercato.