Audizione rimandata di una settimana. A Milano, presso il tribunale sezione civile, si sta giocando la partita più secca tra Uber e i tassisti, una specie di semifinale di Champions. Le cooperative di tassisti e radiotaxi hanno infatti presentato qualche tempo fa una “cautelare”, cioè un ricorso urgente sottoposto al giudice per chiedere l’inibizione del servizio a livello nazionale. Il processo prevede una sola discussione tra le parti e la decisione, che si terrà l’11 maggio.
L’accusa rivolta dai tassisti a Uber è di concorrenza sleale, parente lato impresa dell’accusa di pratiche commerciali scorrette contenuta nell’esposto (pdf) del movimento consumatori consegnato all’Antitrust lo scorso 17 marzo. Pochi giorni dopo è arrivata la richiesta urgente presso il tribunale di Milano dei tassisti, che ha invece lo scopo di inibire immediatamente e in forma cautelare l’attività di Uber prima di una valutazione giuridica. Intanto, l’AGCM ha portato l’esposto dei consumatori alla sezione trasporti. Ancora non c’è risposta.
Non è certo il primo né sarà l’ultimo tentativo da parte dei tanti avversari di Uber di riuscire ad avere la meglio sulla potente multinazionale americana, che ha globalizzato la sharing economy del trasporto privato, professionale o parziale. In ogni città o regione ci sono varie denunce, che immancabilmente i giudici di pace respingono, e poi esposti e proposte di legge che procedono senza attendere un piano nazionale.
Le argomentazioni anti Uber si stanno specializzando, meno spazio alle rivendicazioni di tipo corporativo e generalmente discutibili e più analisi delle pratiche di Uber confrontate ad esempio con il codice dei consumatori. I tenaci oppositori del servizio, in particolare a proposito di UberPop, lavorano coi propri legali per cercare di insinuare il dubbio che l’azienda sia solo mero intermediario, considerando che si comporta come un vettore: verifica l’idoneità dei driver, mette a disposizione veicoli e assistenza, riceve i pagamenti, ma evita la responsabilità sui conducenti. Questa strategia è quella che ha portato alla legge Loi Thévenoud, contro la quale c’è un ricorso di Uber in Francia.
Il clima è quello che è, l’obiettivo identico, ma Uber si fa forte di due concetti: il nuovo ministro Del Rio è molto meno avverso a confrontarsi con Uber rispetto al predecessore sull’idea di una liberalizzazione del settore; Bruxelles sta pensando seriamente a una moratoria generale pro Uber che imponga lo stesso comportamento in tutti gli stati membri, con buona pace delle fughe in avanti delle amministrazioni locali.
In ogni caso, se l’11 maggio il tribunale dirà sì all’inibizione del servizio, Uber potrà sempre ricorrere e continuerà ancora lo stato di sospensione giuridica nel quale questo tema sta versando ormai da troppo tempo.