Migliaia di clienti e centinaia di driver nel Belpaese, proteste di ogni sorta in ogni parte del mondo, cause legali. Uber è entrata nel mondo del trasporto su auto in modo molto più dirompente di quanto abbiano fatto altre aziende tecnologiche del mondo digitale. Uber rompe le uova nel paniere, ma alle tante parole non seguono i fatti. La country manager Benedetta Arese Lucini infatti guarda al 2015 con ottimismo: gli utenti sono in crescita continua e ogni nuova città (l’ultima è Padova) rappresenta una conferma.
La dissonanza tra ciò che sta avvenendo negli Usa e gli argomenti delle proteste dei tassisti italiani è sorprendente: mentre a Pittsburgh Uber sta lavorando alle self car, come Google, e Apple testa misteriosi veicoli, nelle scorse settimane si sono ripetuti i soliti incidenti tra driver di Uber e i tassisti. Possibile che non si trovi una soluzione, non ci sia qualcuno che dica una volta per tutte chi ha ragione e chi torto? Di Google c’era bisogno, a Facebook nessuno aveva pensato, Amazon spedisce tutto quanto con efficienza impressionante, Apple è l’innovazione dei device per eccellenza. Non hanno avuto neppure dei nemici in senso pieno. Uber invece sì.
Intervista a Benedetta Arese Lucini
Uber ha in realtà un unico obiettivo, che declina in diversi servizi: rendere inutile il possesso privato di un’automobile. In un certo senso è il corrispettivo dei mezzi pubblici, ma si basa sull’economia della condivisione oppure sulla semplificazione algoritmica tramite mobile application per i noleggiatori di auto. Una rivoluzione globale che sta trovando più resistenze nella corporazione dei tassisti che nei produttori di automobili o nelle legislazioni nazionali (con qualche eccezione vistosa, come Corea del sud, Spagna, il Belgio, la Germania).
Facciamo ordine: quali servizi al momento sono offerti nelle rispettive città in cui opera Uber?
Oggi Uber è presente con UberBlack, la versione che mette in contatto passeggeri e autisti Ncc, a Roma e a Milano. Con UberPop, la declinazione collaborativa e low cost del servizio dove chi ha una macchina sceglie di metterla a disposizione per passaggi urbani ad altri utenti, siamo a Genova, Milano, Torino e da dicembre anche a Padova.
Si può rappresentare il successo di UberPop in Italia con qualche numero? E che proporzione ha rispetto alla normale offerta di NCC?
Oggi in Italia contiamo centinaia di driver e migliaia di utenti dell’app. E nei giorni in cui operiamo e si tengono eventi internazionali gli utenti aumentano: il 70% dei nostri utilizzatori infatti si è mosso con Uber almeno in un altro paese oltre al proprio.
Facile immaginare cosa significhi rispetto all’imminente Expò…
Precisamente. Qualcosa da questo punto di vista si sta muovendo e speriamo che Uber possa rappresentare un’occasione per cominciare a integrare l’innovazione nel sistema Milano. A dicembre il Comune ha approvato una delibera sulla sharing economy, per promuoverla e valorizzarla in quanto “motore importante per un cambiamento decisivo”.
E su UberPOP?
Un confronto numerico fra NCC e UberPOP, che è stato lanciato solo da un anno, è prematuro. Non dimentichiamo poi che sono due servizi diversi: UberPop è un servizio di ride sharing, non un servizio pubblico. È però complementare a quest’ultimo: molte città, specialmente in alcune occasioni, soffrono per mancanza di servizi di trasporto adeguati e con i tagli la situazione difficilmente migliorerà. UberPop rappresenta allora un’alternativa efficace, che assorbe una domanda elastica in maniera impossibile per i servizi di trasporto tradizionali.
Elastica, certo, ma forse troppo per le norme italiane. A cosa stanno lavorando i comuni? Si leggono ciclicamente delle dichiarazioni di assessori che, di fronte ai blocchi dei tassisti, promettono interventi. Poi silenzio. Al momento c’è una sola delibera che si occupi di Uber?
Al momento non ci sono delibere o leggi che affrontano direttamente il tema Uber. Il quadro normativo applicato è quello che fa riferimento alla legge del 1992.
Stiamo parlando di ventitré anni fa, quando in pratica non c’era neanche il World Wide Web…
Appunto, quando innovazioni come Uber non solo non esistevano, ma non erano neppure immaginabili. Per questo restiamo sempre aperti e pronti al dialogo con le istituzioni e con gli altri attori del settore. Ci sembra ci sia un’attenta sensibilità, come quella dimostrata dalle parole di Andrea Camanzi, presidente dell’Autorità di regolazione dei trasporti.
L’impegno è quello di dare mandato al governo per un riordino. L’autorità dei trasporti ha in un certo senso legittimato indirettamente Uber?
Ha detto che il tema della legittimità della piattaforma Uber dipende da come questa soluzione tecnologica viene utilizzata. Quando viene adoperata come piattaforma di prenotazione, allora il problema attiene ai profili della liberalizzazione nel settore e, quindi, di un’armonizzazione della legislazione vigente con l’avvento di queste nuove tecnologie.
Mentre su UberPOP più cautela.
Vero, perché secondo Camanzi quando si offrono servizi di trasporto di cortesia per finalità semi-commerciali, “si pone un problema di sicurezza che dev’essere garantita al cittadino e su cui va fatto un serio approfondimento”. Che noi per la nostra parte facciamo.
Se paragonata alla situazione spagnola o coreana, come si potrebbe definire quella italiana e perché?
Milano nel 2012 è stata la ventesima città al mondo di Uber, oggi siamo in oltre 270 città in più di 50 Paesi. È chiaro l’investimento di Uber sul nostro Paese e la fiducia da subito sulle sue potenzialità. Se guardo alla situazione italiana non posso che dirmi ottimista: gli utenti sono in crescita continua e ogni nuova città rappresenta una conferma. Non sono mancate le polemiche, certo, ma credo che siano endemiche alla rivoluzione che stiamo portando avanti.
Endemiche nel senso nostrane o nel senso inevitabili? Non sono certo limitate all’Italia…
Siamo arrivati in un mercato, quello del trasporto, storicamente chiuso, proponendo un nuovo modello di mobilità. Questo ha destabilizzato gli equilibri, ma sono sicura che presto sarà chiaro che una mobilità integrata rappresenta una chance di crescita per tutti. In Italia e ovunque.
Ci sono state diverse occasioni, anche in Parlamento, per discutere della eventuale legislazione sulla sharing economy. L’endorsement di Matteo Renzi (“Uber è un servizio straordinario”) e la discussione parlamentare fanno pensare positivo?
Mi aspetto che la sensibilità che moltissimi stanno dimostrando nei confronti della sharing economy si traduca in un’apertura sostanziale. Per la nostra generazione le pratiche di sharing economy rappresentano ormai la quotidianità. Il mondo è cambiato e le istituzioni hanno un alternativa: interpretarlo o subirlo.
Una previsione per Uber Italia nel 2015.
Nuove aperture – sulle quali però non posso anticipare niente – e dialogo con istituzioni e attori del settore per muoverci tutti insieme verso la città del futuro con meno traffico, senza auto in doppia fila; città più vivibili e accessibili per tutti.