Le cose non sono andate esattamente come Uber avrebbe voluto: l’acquisizione della startup Otto, responsabile della progettazione di un sistema di guida autonoma applicato ai mezzi pesanti per il trasporto merci, ha consentito di accelerare il programma per lo sviluppo della sua self-driving car. Nei mesi scorsi, però, un intoppo: la pesante accusa, mossa da parte di Waymo (divisione di Alphabet), di aver sottratto migliaia di documenti riservati riguardanti la tecnologia LiDAR equipaggiate dai veicoli.
Il dito è stato fin da subito puntato nei confronti di Anthony Levandowski, ex dipendente di Google al lavoro proprio sulla guida autonoma di bigG, prima che l’iniziativa confluisse nella nascita di Waymo. Ora arriva la conferma che Uber ha deciso di allontanarlo, tramite licenziamento formale, per la sua decisione di non collaborare alle indagini condotte internamente dalla società sul tema e di appellarsi al quinto emendamento così da non essere costretto ad offrire la propria testimonianza in occasione delle udienze in tribunale. Questo quanto riportato sulle pagine del sito Autoblog.
Uber ha confermato, attraverso un portavoce, che Levandowski non è più un suo collaboratore, dopo mesi in cui l’azienda ha provato a chiarire le sue responsabilità nella vicenda attraverso un’indagine interna e stabilendo una deadline precisa. Uber ha inoltre comunicato che Eric Meyhofer, subentrato in aprile a Levandowski in seguito alla sua rimozione nel ruolo alla guida dell’Advanced Technologies Group, continuerà a operare con questa carica.
L’allontanamento di Levandowski non pone comunque fine alla causa legale che vede contrapposte le due realtà. Rimane da capire come evolverà la situazione e se la decisione del giudice influirà sul progetto di Uber finalizzato al perfezionamento di un sistema dedicato alla guida autonoma da impiegare per un servizio di ride sharing. Intanto, la prima decisione ha stabilito che la fase di test non dev’essere interrotta.