Attorno al fenomeno di Internet si sono susseguite per anni ricerche dai risultati omogenei quanto piuttosto simili ad un pregiudizio piuttosto che ad una reale ricerca obiettiva sul fenomeno. L’importanza sociologica del mezzo ha reso necessario un qualche inquadramento teorico del settore, ma ora a distanza di anni molti pregiudizi cadono sotto i colpi di analisi maggiormente scientifiche e meno viziate da arcaici presupposti.
Il primo dogma che cade è la presunta a-socialità dei più avidi frequentatori della Rete. Secondo il World Internet Project dell’UCLA (Università di Los Angeles), infatti, chi utilizza la rete è solitamente un forte fruitore di libri (altro dogma che cade) e soprattutto molto impegnato in attività sociale, quanto se non di più rispetto alla media dei non-internauti. Solo la tv perde qualcosa, evidenziando un passaggio di testimone generazionale tra mezzi di comunicazione.
La ricerca evidenzia inoltre una stonatura tutta italiana. Nel nostro paese, infatti, fermo restando il relativamente basso utilizzo della Rete a livello assoluto, si registra ad una importante differenza relativa tra la percentuale di fruizione maschile e la corrispondente femminile. In Italia gli uomini fruitori della Rete sono il 41.7%, circa il 10% in meno rispetto alla media di paesi quali Germania, Giappone, Inghilterra. Ma il dato preoccupante è quel misero 21.5% registrato dalla popolazione femminile, una delle più basse percentuali in termini assoluti e soprattutto decisamente infimo rispetto al 69% evidenziato negli USA.