Gli investimenti necessari per portare la banda larga in tutta Europa sfruttando una rete di nuova generazione sono consistenti. Alla luce delle attuali difficoltà dell’economia, oltremodo consistenti. Per questo motivo un documento ufficiale in discussione presso le istituzioni europee ufficializza una posizione da protagonista dell’UE nel novero degli investimenti per il broadband, così che gli investimenti privati nella nuova rete possano essere stimolati, sostenuti, incoraggiati.
Il documento mette nero su bianco le posizioni di gruppi quali Deutsche Telekom, France Telecom, Telefonica e Telecom Italia (tramite la rappresentativa nell’ETNO), secondo i quali il vecchio modello su cui sono prosperati gli incumbent non è oggi più sostenibile. La vecchia rete, infatti, è stata ereditata dai tempi in cui il monopolio era stato trasformato in mercato aperto, quando i gruppi che volevano entrare sul mercato dovevano appoggiarsi alle infrastrutture in possesso dei gruppi ex-monopolisti. Investire nella nuova rete, invece, impone rischi imprenditoriali che gli incumbent non intendono accollarsi, il che porta però le necessità a scontrarsi con le condizioni del mercato.
L’UE non ha fatto mistero in passato della ferma volontà di investire nella banda larga per tornare a portare opportunità di mercato utili a rilanciare l’economia. «A questo scopo devono essere autorizzati diversi accordi di cooperazione tra investitori e parti che richiedono invece l’accesso per diversificare il rischio dell’investimento e garantire allo stesso tempo che la struttura competitiva del mercato e i principi di non-discriminazione vengano mantenuti […] In questo contesto, si invita la Commissione a sviluppare una strategia sulla banda larga europea entro fine 2009, in cooperazione con gli azionisti»: con queste parole oggi l’UE si appresta a portare il problema nel dibattito istituzionale ed il tutto è supportato da una promessa del peso di 300 miliardi di euro.
Il Rapporto Caio si inserisce in questo quadro. Come risaputo, il consulente ha consegnato al Governo la propria analisi circa lo stato dei fatti della rete italiana e le opportunità di investimento con cui Telecom Italia potrebbe tornare a dar lustro al broadband nostrano partendo dall’ipotesi di scorporo della rete tramite la creazione della cosiddetta “Open Access”. Il Rapporto sarebbe oggi sulla scrivania di Scajola, in attesa di una valutazione approfondita per la quale non è stata data alcuna scadenza.
L’UE sta agendo su più fronti per assicurare un giusto quadro normativo per il futuro della rete comunitaria. L’intento è anzitutto quello di valutare i rischi d’impresa correlati ad un investimento nell’infrastruttura; va inoltre valutato un eventuale accordo con le istituzioni per regolamentare le condizioni di accesso di aziende terze, le quali non parteciperanno all’investimento iniziale ma si serviranno in seguito dell’infrastruttura per fornire i propri servizi; in questo quadro va quindi garantito un equo ritorno a chi investirà, ma nel contempo occorrerà garantire massima concorrenzialità per spingere al ribasso i prezzi formulati all’utente finale.