Quando il tuo vasetto dello yogurt inizierà a parlarti, qualcosa sarà definitivamente cambiato. La Commissione Europea usa una simpatica metafora ed il messaggio è oltremodo chiaro: l’innovazione tecnologica sta aprendo orizzonti impensabili fino a poco tempo fa, ed in questo processo l’UE intende dir la propria affinché il continente possa guidare i nuovi mercati che vanno presentandosi. La tecnologia può essere tanto una minaccia quanto un’opportunità, ma l’Europa sembra sapere con esattezza da che parte vuol coglierne i frutti.
Ad esprimere questa chiara posizione è Viviane Reding, commissaria per Information Technology e Media: «Ogni giorno vediamo nuovi esempi di applicazioni che connettono gli oggetti a Internet o ad altri oggetti: dalle auto connesse ai semafori per combattere la congestione del traffico, fino alle applicazioni casalinghe per il power grid che permettono alla gente di essere a conoscenza dei propri consumi elettrici o le strisce pedonali che guidano chi è senza vista. La promessa di questo nuovo tipo di sviluppo di Internet è senza limiti come il numero degli oggetti d’uso quotidiano coinvolti. Comunque, abbiamo bisogno di essere sicuri che gli Europei, in quanto cittadini, imprenditori e consumatori, guidino la tecnologia invece di farsi guidare da quest’ultima».
L’obiettivo è esplicitamente rivolto alla cosiddetta “Internet delle cose“, alla nuova dimensione che porterà la rete nella vita quotidiana non tramite device dedicati, ma attraverso oggetti d’uso comune opportunamente interfacciati alla Rete. Internet diventerà un middleware pervasivo ed invisibile, una maglia di interazioni infinite dalla quale, avverte l’UE, occorre tutelarsi.
L’UE non lancia proclami specifici, ma fa capire di voler porre ferma attenzione su questa transizione. L’arrivo dei nuovi oggetti, l’adozione dell’IPv6, la protezione della privacy di fronte ai nuovi smart tag RFID: ogni singola mutazione è una sfida di fronte ad un passaggio epocale. Quando Tim Berners-Lee diceva che il Web è ancora un bambino in fasce e che c’è ancora molto da fare e da capire, tutto sommato, intendeva paritetico concetto. L’UE, dall’alto del proprio profilo istituzionale, si pone da vigile e da garante: il cambiamento non dovrà affondare la società e quest’ultima, anzi, dovrà imparare a cavalcarne l’onda in arrivo.
Viene presentato, pertanto, un preciso piano d’azione, 14 punti che vanno a precisare e specificare ove l’UE ha posato il proprio occhio critico:
- Governance
- Privacy
- Il silenzio dei chip
- Rischi emergenti
- Risorse vitali
- Standardizzazione
- Ricerca
- Partnership tra pubblico e privato
- Innovazione
- Consapevolezza delle istituzioni
- Dialogo internazionale
- Ambiente
- Statistica
- Evoluzione
Ogni singolo concetto appare sufficientemente chiaro in sé, e tra i più interessanti e cardinali spunta il “Silenzio dei chip“: così è infatti ribattezzato il diritto di ogni cittadino a disconnettere la propria vita dalla Rete, facendo tacere i propri “chip” ed isolandosi così dal sistema garantendo a sé stesso privacy assoluta. Secondo l’UE trattasi di un principio fondamentale, soprattutto dal momento in cui gli RFID si fanno invisibili e pertanto ancor più pervasivi e fuori controllo.