40 anni fa nacque Ufo Robot: gli stessi giorni che la generazione passata ricorda come quelli del trauma del rapimento di Aldo Moro, la generazione successiva li ricorda come quelli in cui un robot di nome Goldrake scese sulla terra per liberarci dal male. Era un messaggio parareligioso, ispirato al valore universale del bene che prevale sul male, ma soprattutto calava sulla nuova generazione (quella che di lì a poco avrebbe elevato i propri spiriti sui tasti dei primi pc) un panorama che avrebbe proiettato le proprie conseguenze fino ai giorni nostri: l’uomo, se vuole sconfiggere il male, è destinato a sposare la tecnologia. Perché la medesima tecnologia può altrimenti rappresentare il male assoluto. L’innovazione non si ferma perché è parte integrante del flusso del tempo, ma è possibile decidere da che parte della storia posizionarsi.
Nulla è più moderno di quelle rappresentazioni. Sono solo semplici e futili cartoni animati? Certo, come no. Del resto anche i viaggi di Salgari erano solo fantasie, e Giulio Verne del resto non l’ha mai visto il centro della Terra.
Se oggi quella sigla scatena un brivido in milioni di persone, qualcosa di profondo dev’essersi giocoforza scatenato in quel ormai lontano 1978: Ufo Robot, così come ogni altro robot approdato in tv, configurava qualcosa di profondamente nuovo che, lungi dallo spegnere i cervelli (come sostenevano ai tempi i detrattori dei primi cartoon giapponesi), animano ancora oggi le fantasie di una intera generazione. Atlas Ufo Robot fu la grande rivoluzione, ma di questo movimento fanno parte nomi mitologici quali Jeeg Robot, Mazinga, Trider G7, Ufo Diapolon, Daitarn III, Voltron, Vultus 5, Gundam e altri ancora.
L’uomo con la tecnologia intorno
La tecnologia si è evoluta fino ad oggi come un modo per moltiplicare ed estendere i sensi dell’uomo. Nel tempo abbiamo tentato di potenziarci, nella forza e nella gittata dei sensori che la natura ci ha donato. Siamo giunti a produrre esoscheletri per aiutarci laddove la muscolatura o le articolazioni non sono in grado di supportare uno spostamento. Ed ognuna di queste tecnologie è la concretizzazione di quella fantasia di allora, quando l’uomo era in grado di farsi cyborg e di diventare il cuore o la mente di un vero e proprio robot.
Il cuore o la mente: il protagonista entrava nel robot attraverso un percorso lungo e stretto che ad un certo punto fondeva fisicamente l’uomo e la macchina tanto che un colpo ricevuto dal robot portava al dolore fisico di chi lo stava pilotando. Solo quando il robot assumeva cuore o mente umana (il pilota era sempre sulla testa o in mezzo al petto), allora prendeva forma quella creatura destinata a salvare il mondo e l’umanità. L’uomo serviva alla macchina almeno quanto la macchina serviva all’uomo: questo era il messaggio potente destinato a passare ed a proiettare quella generazione di bambini verso la meraviglia dei robot, dei monitor, dei pc e dei led che comunicano un’intelligenza in itinere.
https://www.youtube.com/watch?v=_Vk6mS0dhWE
L’uomo e il robot, entità separate che per il bene dell’umanità son destinate ad unirsi, fino a fondersi, ad avere cura l’uno dell’altro.
La tecnologia neutrale e gli umanoidi
Eppure nei cartoni animati la tecnologia non è mai semplicemente buona. Non per definizione. Ogni robot in ogni puntata doveva infatti affrontare un nuovo nemico rappresentato da un nuovo robot. Arrivano i cattivi! Vogliono conquistare il mondo! L’emanazione dei cattivi era ancora una volta tecnologia partorita da una mente umana, ma ad avere la meglio era alla fin fine il bene ed il valore aggiunto era spesso la fantasia: l’uomo, cuore e mente del robot, sapeva sempre escogitare la mossa giusta al momento giusto, vincendo con un pugno atomico, un razzo missile, un’alabarda spaziale o un raggio solare. Cuore, mente e fantasia: una visione romantica perfetta per sposare un’evoluzione umanistica di quella che è stata l’evoluzione tecnologica propria dei decenni successivi.
Spesso i robot nemici non avevano uomini in sé: era pura “intelligenza” artificiale guidata a distanza dai “cattivi”. E l’esercito dei cattivi era spesso composto da umanoidi e meganoidi, robot con fattezze umane pronti ad obbedire ai comandi del tiranno che voleva conquistare il mondo e schiavizzare l’umanità. I cartoni animati di allora trasmisero quindi una incrollabile fiducia nell’uomo: laddove la tecnologia era neutrale, era sempre e comunque l’uomo ad indicare la direzione. E laddove regnavano i buoni, l’uomo era pronto a mettersi in prima fila, fianco a fianco con la tecnologia, per salvare il mondo. Vai, distruggi il male, vai!
Nello stesso giorno in cui Ufo Robot arrivava in Italia, dall’altra parte del mondo vedeva la luce Conan (in Italia solo 3 anni dopo). La visione si faceva più evoluta e meno ottimistica: anche in un mondo nel quale il male aveva avuto la meglio, distruggendo ciò che l’uomo aveva creato grazie alla scienza, sarebbe rimasto comunque un istinto primordiale fatto di buoni principi e pronto ad una rivoluzione a mani nude. Ancora una volta la tecnologia era presentata come uno strumento di potere e di sapere, ma la bontà non è affare di chip, metallo e circuiti di mille valvole: solo l’uomo, e le sue intenzioni, sono in grado di stabilire la direzione. Anni più tardi quella sfumatura etica avrebbe preso nome di “neutralità” ed il timore di una guerra in grado di annientare il pianeta non è mai sfumato.
https://www.youtube.com/watch?v=uSGeLtB9e38
Con i Transformer l’umanità era già finita, ma l’intelligenza artificiale avrebbe fatto risorgere una nuova vita fatta di elettronica ed energia: ancora una volta il bene ed il male si sarebbero sfidati e contrapposti, ancora una volta avrebbe vinto il bene, ma stavolta l’uomo era ormai assente e la partita sarebbe stata giocata soltanto tra macchine: erano già gli anni ’80, la tecnologia era ormai nuova protagonista.
Tecnologia in una nuova etica
Alcuni libri hanno segnato a fondo le fantasie delle generazioni passate, tanto a fondo che sarebbe ingenuo pensare che non abbiano influito su ricerche, decisioni, principi. La fantascienza ha anticipato la scienza perché ha dato voce alle fantasie e forma alle pulsioni. Così è stato con quei cartoni animati che, a partire dalla fine degli anni ’70, hanno iniziato ad incidere i cuori e le menti di una generazione che oggi non può che ricordare con grande affetto quell’enorme mondo ideale in cui un’alabarda spaziale avrebbe potuto riportare la giustizia sulla Terra.
Era un messaggio religioso, era il manifesto di una nuova etica, e la tecnologia rappresentava la nuova grande chimera che avrebbe potuto sia distruggere che salvare l’umanità. Oggi, era in cui i nuovi timori sono tutti per l’Intelligenza Artificiale, sognare un’alabarda spaziale appare ingenuo. Ma se temiamo l’IA forse è perché siamo stati abituati al fatto che quando il cuore e la mente non sono umani, allora qualcosa potrebbe andare storto. E noi non vogliamo che succeda. Perché il bene vince sempre, e se tutto va per il verso giusto tra pochi anni l’umanità “a giocar su Marte va”.
40 anni fa nascevano fantasie che moriranno solo con la generazione che le porta nel proprio DNA. Una generazione che ha visto un’evoluzione incredibile nel giro di pochi anni, ma ai quali un mondo ipergalattico non fa paura. Anzi, ci basta sentire la sigla per continuare, o forse ricominciare, a sognare.