L'hardware per l'Ultra HD: cosa cambia sulle TV?

Le esigenze in termini di processore, memoria, flusso di dati e connettori per sfruttare al meglio l’Ultra HD oggi e domani.
L'hardware per l'Ultra HD: cosa cambia sulle TV?
Le esigenze in termini di processore, memoria, flusso di dati e connettori per sfruttare al meglio l’Ultra HD oggi e domani.

Lo standard Ultra HD è molto più che la sola risoluzione. Infatti, è un errore considerarlo come un semplice prodotto dei pixel del lato lungo moltiplicati per quelli del lato corto. Nelle ultime specifiche, o raccomandazioni BT-2020, rilasciate dall’ITU, altri importanti elementi sono inclusi: fotogrammi al secondo e colore. Quando lo standard UHD 4K arriverà a regime, inoltre, si avrà anche un incremento della frequenza di refresh dello schermo, espressa in fotogrammi al secondo (fps) o in Hertz (Hz).

Frame rate in Ultra HD

La regola riconosciuta per il cinema è 24 fps (24 immagini al secondo) mentre per i programmi televisivi è di 25 o 30 fps, rispettivamente per i paesi che adottano lo standard PAL o quello NTSC. Passando al mondo videoludico, si parte da 30 per arrivare a 60 fps sulle consolle, raggiungendo anche i 120 fps per i giochi su PC. C’è una grande differenza tra i vari frame rate e nei rispettivi ambiti, che si traduce in una diversa percezione del movimento da parte dell’utente.

Le specifiche dell’Ultra HD prevedono un range veramente ampio, dal 24p cinematografico sino alle 120 immagini generate ogni secondo per i videogiochi, a patto che l’hardware sia all’altezza.

Al momento la strada è stata solo tracciata e non si sa ancora che frame rate vincerà sia per i film sia per le trasmissioni televisive. Chi ha avuto l’occasione di sperimentare la visione di film o clip video proposti a 48 e 60 fps sa bene quanto sia grande il miglioramento nella qualità dell’immagine e nell’esperienza cinematografica. L’aumento della frequenza di refresh, da 24 a 48 o 60 fps, può essere la chiave di volta nella fluidità delle immagini quanto l’incremento della risoluzione lo è per la nitidezza. In sostanza, l’una non può fare a meno dell’altra.

Colori in 4K

Con lo standard UHD è stato introdotto un nuovo spazio colore dedicato, chiamato Rec.2020, che va oltre il Rec.709 del Full HD. L’immagine esemplifica in modo estremamente chiaro la differenza avvertibile a livello di profondità di colore:

Spazio colore

Il triangolo più piccolo rappresenta lo standard Rec.709, quello più grande lo standard Rec.2020, mentre l’intero grafico mostra la gamma di colori percepiti dall’occhio umano

Dopo aver descritto risoluzione e frequenza di refresh, è ora necessario compiere il terzo passo indietro: l’occhio umano distingue solo una serie specifica di colori mentre altri non sono visibili (per esempio, gli raggi infrarossi).

I dispositivi nati per rappresentare le immagini in varie forme – schermi dei computer, TV, video proiettori, fotocamere, stampanti, ecc. – non riescono a coprire l’intera gamma percepita dall’occhio umano, così è stato definito uno standard più limitato per i vari ambiti, noto anche come Color Gamut. Esso fa in modo che le produzioni cinematografiche e televisive siano visualizzate correttamente sugli schermi dei TV.

Come si nota nel grafico, lo standard Rec-2020 è il più ampio, approssimando con maggiore precisione la realtà. Affinché questo avvenga, è stata necessaria l’estensione della profondità dei colori: da 8 a 12 bit per ogni colore primario, passando da 24 a 36 bit per tutte le informazioni combinate. Cosa significa? Un televisore che usa 8 bit per ogni colore in sostanza prevede 256 tonalità per il rosso, il verde e il blu (due elevato all’ottava potenza, 2^8, è uguale a 256). I tre colori, nello standard RGB (red, green, blue) sono usati come base per creare tutti gli altri, così combinando le 256 tonalità di ognuno arriviamo a 24 bit, altrimenti noti come 16 milioni di colori, che riempiono il Gamut Rec.709 dello standard Full HD.

Con il Rec.2020 dell’Ultra HD la tavolozza si amplia e non poco: i 12 bit per ogni colore primario portano a 4.096 sfumature ciascuno, ne conseguono ben 68 miliardi di colori. In realtà, il discorso non termina qui: infatti, le specifiche UHD prevedono anche il passo intermedio dei 10 bit: 1.024 sfumature per i tre colori primari, per 30 bit o 1,07 miliardi di colori.

A questo punto è doveroso ricordare che gli schermi 4K non approfittano necessariamente di ogni novità introdotta con il nuovo standard Ultra HD – spazio colore e frame rate – anche se i miglioramenti che ne conseguono sono considerevoli. Difatti, se con una frequenza di refresh a 48 o 60 fps l’incremento della fluidità è impressionante, anche passando da 24 a 36 bit si ha un importantissimo guadagno in fatto di definizione dei colori. Il tutto avviene per rendere sempre più prossima alla realtà l’esperienza di visione per l’utente.

Incremento esponenziale

Chi è attento ai numeri avrà notato che combinando una risoluzione quadruplicata, un frame rate raddoppiato e una profondità colore immensamente più elevata (da 16 milioni a 68 miliardi!), il conseguente flusso di dati che dovrà gestire un TV 4K arriva a valori stratosferici.

Nell’ipotetico caso di un video non compresso UHD 4K a 120 fps e 36 bit, si è nell’ordine di 12,8 Gbit il secondo. Ovviamente, è possibile comprimere il video per ridurre il flusso di dati a un livello più gestibile, ma in ogni caso si tratta di una massiccia quantità di bit.

Per ora si è parlato di numeri, che possono significare poco o nulla per l’utente, che sia telespettatore o videogiocatore. Serve una visione più olistica, se non pragmatica, per capire come godere della migliore esperienza multimediale ad altissima definizione nel salotto di casa. Per ora i big player dell’industria – LG, Panasonic, Samsung, Sharp, Sony, Toshiba – sono entrati nell’arena TV. Adesso servono i contenuti e i canali di distribuzione per usufruirne.

La domanda sorge spontanea: come far arrivare un segnale così denso di dati a un televisore che deve anche essere capace di gestirlo correttamente? La risposta non è così semplice, dovendo affrontare tre problematiche principali: distribuzione, gestione dei dati, connessione. Tutte e tre le questioni devono essere risolte, preferibilmente insieme. L’industria si sta muovendo in tal senso, anche se al momento la situazione è più rosea per connettività e distribuzione.

Problemi pratici e soluzioni

La maggior parte dei nuovi televisori 4K prevede la nuova interfaccia HDMI 2.0, il cui vantaggio principale è la velocità di trasferimento dei dati notevolmente superiore all’attuale standard HDMI 1.4. È importantissimo perché consente di riprodurre contenuti 4K a 60 fps. Anche se al momento solo i videogiochi per PC sono in grado di approfittarne, l’interfaccia HDMI 2.0 è una garanzia per il futuro dell’apparecchio televisivo, seppur con i limiti del caso. Infatti, per gestire un flusso dati 4K con frame rate a 120 fps, gamma dei colori almeno a 10 bit e 3D, servirebbe un ulteriore step evolutivo.

Questo enorme bit rate introduce la seconda problematica, quella della gestione della mole di dati sia a livello di trasmissione sia di stoccaggio su supporti fisici. L’industria sembra più orientata, almeno al momento, a una gestione del 4K senza supporti fisici. È dunque in arrivo un’era in cui il Blu-ray, o comunque un sostituto basato sempre su un disco ottico, scomparirà? Sembra molto difficile, anche se la transizione sarà più fluida e veloce per lo streaming dei contenuti. Infatti, Internet è un’alternativa migliore perché più flessibile e perché i contenuti possono scalare di qualità senza problemi (il tutto dipende dalla banda disponibile). È arrivato il momento di capire come i contenuti UHD 4K saranno distribuiti via Internet, partendo dal pilastro portante: una compressione più efficace.

Entra in gioco il Codec HEVC noto anche come H.265, una nuova tecnologia di compressione per i video Mpeg4 che rappresenta l’evoluzione del precedente H.264, lo standard attuale per l’alta definizione. In teoria, con un TV 4K equipaggiato con media player compatibile H.265 e collegato a Internet via Wi-Fi o tramite una più tradizionale presa Ethernet, è possibile fare a meno sia di un lettore Blu-ray 4K sia del cavo HDMI 2.0. Questo almeno in linea teorica. Più verosimilmente si avrà un box esterno, collegato al televisore con un’interfaccia proprietaria e dotato di tutte le connessioni (IN/OUT) esterne del caso tra cui la HDMI 2.0. Il vantaggio è dato dalla possibilità, in caso di evoluzione tecnologica, di sostituire solo il box e/o aggiornare il firmware in previsione dell’uscita di un nuovo standard più capace in termini di gestione del flusso dati.

Il terzo problema è quello del Blu-ray 4K, che probabilmente non apparirà sugli scaffali prima della stagione natalizia 2014 e che, comunque, supporterà solo i requisiti di basso livello delle specifiche UHD, quindi risoluzione 4K, frame rate a 48/60 Hz e spazio colore a 10 bit.

Quello che avverrà nel frattempo, in attesa dei primi Blu-ray 4K, sarà una fruizione di contenuti in streaming, erogati dai provider in grado di assicurare la necessaria ampiezza di banda accompagnata dalla conversione di video e film 1080p o anche a definizione standard tramite la procedure di Upscaling.

Riassumendo, la nuova interfaccia HDMI 2.0, il Codec H.265, i supporti Blu-ray 4K, assieme alla connessione veloce, rappresentano gli attuali temi da cui dipende l’evoluzione e la diffusione, nel breve periodo, dello standard Ultra HD 4K.

Potenza di calcolo

Nel valutare tutte le componenti coinvolte nel processo di elaborazione dell’immagine, entra in campo un parametro sulle cui spalle grava un peso enorme: la potenza di calcolo del processore grafico. I big player non hanno sottovalutato quest’aspetto, equipaggiando le proprie soluzioni di alta gamma con CPU multi-core in grado di gestire con efficacia sia le immagini in altissima risoluzione, sia la funzione di Upscaling automatico che converte in UHD 4K i contenuti a risoluzione inferiore, sia altre funzioni come la sempre più importante Smart TV.

Infatti, i televisori di nuova generazione si stanno trasformando sempre più in piattaforme d’accesso per contenuti multimediali, con interfacce utente sempre più simili ai sistemi operativi dei dispositivi mobili (tablet, smartphone) essendo capaci di avviare app create appositamente. Non mancano gli indispensabili media player compatibili con il formato H.265 pensato per la risoluzione 4k.

Uno dei trend del futuro prossimo venturo potrebbe essere quello di delegare a un set-top box esterno non solo le interfacce più recenti, ma anche altre funzioni primarie del televisore. La strategia adottata da Samsung e Amazon farebbe pensare così: se UHD Evolution Kit del primo promette di aggiornare periodicamente il TV con gli ultimi Codec e uscite hardware A/V, il Fire TV del secondo va oltre, essendo equipaggiato con un processore quad-core e con un sistema operativo proprietario basato su Android, oltre a disporre di una capace memoria per archiviare i contenuti.

Quello che ne risulta, è una nuova concezione del TV domestico, in grado di aggiornarsi all’evolversi della qualità video, ma soprattutto sempre meno televisore tradizionale e sempre più schermo su cui far girare contenuti di ogni tipo, dai video alle app, passando per i giochi.

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