Puntualmente sulla tabella di marcia è stata presentata Ubuntu 8.04 LTS Hardy Haron, la distribuzione africana sponsorizzata dall’ex astronauta Mark Shuttleworth e sviluppata da Canonical. Questa versione è la seconda Long Time Support presentata da Ubuntu: mentre solitamente le release semestrali ricevono aggiornamenti di sicurezza per 18 mesi, le versioni LTS hanno un supporto esteso a tre anni per i desktop e a cinque anni sui server. La scelta di avere dei rilasci più duraturi nel tempo è diretta a rendere Ubuntu appetibile per le aziende. La precedente versione a lunga scadenza risale a circa due anni fa ed è probabile che anche per la prossima LTS si attendano due anni. Considerando che il supporto per i desktop è di tre anni, le aziende hanno così a disposizione dodici mesi di margine di tempo per completare un upgrade.
Rispetto alla precedente versione LTS, che presentò scelte di software conservative e volte a garantire la stabilità prima di tutto, Hardy Heron azzarda un po’ di più e cerca di cavalcare le tendenze del momento. Ecco che trovano posto l’avanzato sound server Pulse Audio, e l’ultima versione di Compiz, il noto window manager 3D, direttamente presa dal ramo di sviluppo.
L’utente inoltre noterà l’utilizzo della quinta beta di Firefox 3 come browser di default. Anche se resta possibile installare Firefox 2 direttamente dai repository della distribuzione, la scelta di includere la versione di sviluppo del browser prodotto da Mozilla, permetterà agli utenti di lungo termine di non ritrovarsi con un prodotto destinato a diventare obsoleto nel giro di pochi mesi. È plausibile che Ubuntu rilasci tramite gli aggiornamenti automatici la versione finale di Firefox 3 prevista a giugno. Canonical consiglia agli utenti di Ubuntu 6.06, la precedente LTS, di attendere alcuni mesi prima di aggiornare alla nuova versione.
Sempre in ambito Mozilla, spulciando negli archivi di software disponibile si nota la presenza di alcune note applicazioni web: Ubuntu infatti, grazie a Mozilla Prism, mette a portata di menu Facebook, Twitter e la serie completa delle applicazioni online di Google. Continuando nell’elenco delle novità introdotte negli ultimi sei mesi, gli sviluppatori hanno integrato la più recente versione dell’interfaccia grafica Gnome, mentre per scaldare il cofano è stato scelto il kernel 2.6.24. L’elaborazione dei documenti è affidata alla versione 2.4 del sempre più apprezzato OpenOffice.org. A fare l’occhiolino alle aziende contribuisce la possibilità di utilizzare il framework di sicurezza SELinux (in alternativa ad AppArmor), e l’inclusione di Likewise Open; quest’ultimo software mette Ubuntu in grado di lavorare all’interno di un dominio Active Directory, fianco a fianco con altre installazioni Windows. Dedicato proprio agli utenti Windows è Wubi, un software che permette di installare Ubuntu all’interno di Windows senza dover ricorrere a partizioni del disco fisso.
Il Linux africano sembra quindi pronto a dileguare gli ultimi timori degli utenti più restii, dando loro l’ulteriore possibilità di toccare con mano la distribuzione senza inquinare troppo sistemi e architetture preesistenti. L’inserimento della tecnologia KVM per la virtualizzazione, infine, arricchisce il lato di Ubuntu dedicato ai server, andando a competere direttamente con RedHat e Novell, finora regine incontrastate del settore.
Ubuntu dal canto suo primeggia sui desktop consumer: secondo un recente sondaggio sulle distribuzioni Linux utilizzate, infatti la creatura di Mark Shuttleworth detiene il 47% circa delle installazioni e l’intenzione da parte RedHat e Novell di non spingere in questo settore non potrà che favorire la distribuzione umana. Proprio Shuttleworth, però, ha dichiarato di voler allargare il più possibile il campo di azione di Ubuntu, approfittando anche del crescente interesse per il settore della telefonia mobile. Nell’immediato futuro Ubuntu, secondo il miliardario sudafricano, punterà a conquistare anche i server dove il mercato dell’assistenza e del supporto è per sua natura più florido di quello desktop. Nel frattempo però «il desktop contribuisce più del server ai profitti di Canonical. […] Sul desktop, vediamo una forte domanda per ingegnerizzazioni personalizzate e programmi di assicurazione, poiché la gente guarda a Canonical per sentirsi protetta da eventuali problemi di brevetto o diritto d’autore». Shuttleworth, comunque, non nasconde che per ora non si possa parlare propriamente di profitti: «Ubuntu richiederà investimenti ulteriori da me e da altri. Siamo sulla strada che permetterà alla compagnia di diventare autosufficiente».
Restando sull’aspetto finanziario, Canonical ha razionalizzato il suo impegno per Hardy Heron affidando alle cure della comunità gli aspetti della distribuzione ritenuti di secondo piano: la nuova release riceverà supporto ufficiale solo per l’architettura x86 a 32 e a 64 bit, dopo che alcuni mesi fa, nonostante gli ottimi rapporti con Sun, era stato annunciato l’abbandono del processore SPARC (Canonical continuerà comunque a fornire il supporto per le versioni precedenti); inoltre ha fatto parecchio discutere la decisione di limitare il supporto a lungo termine alla sola versione con interfaccia Gnome, lasciando fuori dalla definizione LTS la distribuzione Kubuntu, altra faccia della stessa medaglia ma con il desktop environment KDE (a scelta disponibile con la versione 3.5, oppure con la nuova, ma da molti ritenuta immatura, KDE 4). È stato ridimensionato anche il servizio ShipIt, con cui è possibile ricevere senza alcuna spesa a casa propria il CD di installazione, funzionante anche in modalità live: per le precedenti release era possibile richiedere fino a dieci dischi, mentre per Hardy Heron il numero è stato ridotto alla singola unità.
Ubuntu ha, almeno negli intenti, raggiunto la piena maturità e punta decisa al mercato Corporate, dove potrà finalmente capitalizzare l’enorme popolarità che gode presso il pubblico consumer. Indubbiamente non potrà evitare di scontrarsi con i due giganti Novell e RedHat che si dividono i favori delle aziende interessate al sistema del pinguino. Shuttleworth ne è consapevole e non si aspetta che «Ubuntu possa scalzare Red Hat dal posto di primo fornitore di soluzioni server pronte e confezionate per un uso commerciale». E comunque l’introduzione del sistema di installazione Wubi e l’integrazione con Active Directory sono chiari indizi di come Ubuntu cerchi innanzitutto di sedurre gli utenti Windows. Un intento da sempre al primo posto e ben specificato nel famoso baco n.1.