La passione dei collezionisti Apple non ha di certo confini e così, di tanto in tanto, finiscono agli onori delle cronache le più curiose aste. L’ultima in ordine di tempo è quella che ha coinvolto un Apple I del 1976, il primissimo computer prodotto dal duo Steve Jobs e Steve Wozniak, battuto sabato per ben 671.400 dollari.
Il computer, comprato da un acquirente anonimo pare dell’estremo oriente, ha una storia di vita davvero singolare. Comprato nel 1976 da Fred Hatfield, un ingegnere di New Orleans, il dispositivo è stato venduto prima a 40.000 dollari qualche mese fa e ora a questa cifra da capogiro.
Pare che Hatfield non fosse molto soddisfatto del suo Apple I, perché poche erano le sue potenzialità d’utilizzo. Così, dopo essersi unito a un gruppo di appassionati per carpirne codici e segreti e aumentarne la portata software, nel 1978 l’ingegnere è riuscito a ottenere un colloquio con Steve Jobs in quel di Cupertino. Nonostante il compianto iCEO abbia deciso di non assecondare i suggerimenti di Hatfield per migliorare la macchina, il fondatore di Apple propose uno scambio: l’uomo avrebbe ricevuto un Apple II per solo 400 dollari restituendo il precedente computer. L’appassionato decise però di rifiutare questa opzione – voleva “decodificarne i segnali radio” – e da questa scelta nacque l’incredibile storia trentennale del computer.
Dopo averlo analizzato per qualche tempo, il device smise di funzionare. Quest’anno l’uomo ha deciso di metterlo in vendita come cimelio storico, si è quindi fatto avanti un utente tedesco che se l’è aggiudicato per 40.000 dollari. Quest’ultimo ha quindi provveduto alla sua riparazione, guadagnando poi i 671.400 dollari per la recente asta, il record storico di vendita di un Apple I. Alla notizia dell’incredibile contrattazione, Hatfield non ha però mostrato segni di pentimento, nonostante l’incasso sia notevolmente più elevato dei suoi 40.000 euro.
«Buon per lui. È la persona che l’ha sistemato e ha trovato il miglior modo per venderlo per tutti questi soldi. Evidentemente, è molto bravo. […] L’offerta dei 40.000 dollari mi è sembrata un buon affare, ho trovato fosse un’offerta davvero ragionevole. Ho depositato questi soldi e li utilizzerò per vivere. Potrei ora comprarmi una nuova radio amatoriale, lo spero.»
L’uomo si dice anche felice per tutta la curiosità che la vicenda ha suscitato sulla stampa, ritiene positivo che si accendano i riflettori su un’epoca – i primi anni ’80 – dove l’utente di computer era praticamente un esploratore, il capostipite di un fenomeno di nicchia dalle grandi potenzialità:
«Sta riportando a galla molto del romanticismo della vecchia tecnologia, di quando stavamo solamente imparando. È come essere di nuovo all’asilo.»