L’ombra del bavaglio sembra nuovamente allungarsi sulla Rete italiana, ma arriva da lontano. E arriva zoppo. Si tratta di un discorso trito e ritrito, più volte bocciato sul campo e più volte ripresentato sotto nuove spoglie. Così sembra nuovamente essere, benché non cambino i protagonisti: la proposta è firmata dagli onorevoli Pecorella e Costa ed in queste ore sta per affrontare l’esame della Commissione Giustizia. Inevitabilmente, se il testo non sarà stralciato, non potrà che causare nuove polemiche sulla scia di quanto già avvenuto in passato.
La proposta tenta infatti di estendere al Web alcuni vincoli propri della carta stampata, ignorando le peculiarità del mezzo e tentando così di “imbavagliare” il Web per mezzo di una generalizzazione che il tempo dovrebbe ormai aver definitivamente bocciato. Il testo è archiviato all’interno della proposta di legge “Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante”.
Recita il passaggio incriminato:
All’articolo 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, ai siti internet aventi natura editoriale».
Inutile sottolineare quanto deleteria possa essere tale estensione e quanto priva di reale significato possa essere l’espressione “natura editoriale”. A scanso di errori la proposta porta avanti anche ulteriori dettagli relativi alle rettifiche imposte:
Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
L’articolo 1 è così esplicato nell’introduzione della proposta:
L’articolo 1 della presente proposta di legge interviene sulla legge sulla stampa, la legge 8 febbraio 1948, n. 47, specificando che essa si applica anche ai siti internet aventi natura editoriale, ampliando l’ambito applicativo dell’istituto della rettifica, prevedendolo anche per la stampa non periodica, come, per esempio, i libri, riformulando il reato di diffamazione con il mezzo della stampa per fatto determinato e disciplinando il risarcimento del danno.
La data della proposta è quella dell’8 maggio 2008: una proposta che viene dal passato, insomma, giunta in Commissione Giustizia “in sede referente” per proseguire il proprio iter. Una proposta che peraltro viene smentita alle basi da una proposta ulteriore, firmata Genovese e data invece 25 ottobre 2011 (anch’essa però in discussione in Commissione in queste ore). L’argomento è il medesimo (art. 57 del codice penale), l’approccio è però contrario:
[…] non deve sfuggire il fatto che tale forma di « responsabilità da ruolo » si applica solo ed esclusivamente ai direttori dei giornali, ovvero alla stampa considerata in senso stretto. Infatti, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 35511 del 1o ottobre 2010, ha escluso che l’articolo 57 del codice penale possa trovare applicazione nel caso in cui la diffamazione, o un altro reato, sia commesso da un giornale on line. Tale lettura ha preso le mosse dai precedenti relativi alla materia. Per pacifica giurisprudenza, infatti, alla luce del principio di tassatività della legge penale, la responsabilità ai sensi dell’articolo 57 del codice penale è esclusa in riferimento al direttore di una testata televisiva, stante la differenza di questa con il concetto, appunto, di carta stampata, una differenza logicamente riscontrabile anche nel caso della rete internet.
Un giornale online ed un giornale su carta non sono la stessa cosa. Le modalità di pubblicazione, controllo e gestione sono differenti. Differenti debbono essere le modalità di analisi delle responsabilità e differente deve essere l’approccio della Rete. E su questo punto non si può più tornare indietro.