In America ha fatto discutere la proposta del Colonnello Charles W. Williamson di dotare l’Aereonautica Militare di una rete informatica capace di lanciare attacchi DDoS su reti nemiche.
Gli attacchi DDoS consistono nel prendere possesso di più macchine (dette zombie perchè una volta in controllo del cracker, sono a sua completa disposizione) e inviare richieste contemporanee ad un unico server (la macchina vittima) in modo da portarlo al limite delle prestazioni fino a danneggiarlo, rendendolo non più in grado di erogare il servizio.
Nella comunità di esperti gli attacchi DDoS sono considerati “forza bruta” e si preferisce lavorare cercando di infiltrarsi nella macchina ?nemica? usando altri sistemi più raffinati ed efficaci.
Secondo il Colonnello, invece, dato che agenzie governative hanno più volte subito attacchi di questo tipo, anche l’Aereonautica deve dotarsi della stessa “tecnologia” per rispondere agli attacchi.
Su Wired si è scatenata la polemica in quanto è stato fatto giustamente notare che un attacco DDoS non provoca danno solamente al server target, ma anche a tutta la rete sulla quale viaggiano i pacchetti “spazzatura” che finiscono per rallentare (o addirittura bloccare) i servizi di “innocenti civili”.
Insomma, si inizia a parlare di danni collaterali anche nell’Infowar. Personalmente ritengo che sia giusto tutelarsi, ma credo che grandi Paesi come gli USA (potendoselo permettere) debbano usare strumenti più raffinati ed evoluti per difendersi dagli attacchi e rispondere ad essi.