Un nuovo terremoto scuote Yahoo. A pochi giorni dall’incontro annuale, che Jerry Yang aveva fissato in data 3 giugno, una dimissione all’interno del board lascia trapelare tutta la tensione che ancora vige sullo scacchiedere del gruppo di Sunnyvale. Microsoft ha lasciato il tavolo delle trattative ed ha rinunciato anche ad una battaglia di deleghe, ma lo strascico di quei momenti si è dilungato fino ad oggi senza soluzione di continuità. Nemmeno la riapertura del dialogo tra le parti su di una ipotesi differente dall’acquisizione totale sembra aver accontentato alcuno, ed internamente al board si è aperta una faida senza esclusione di colpi che avrebbe dovuto concretizzarsi in uno scontro faccia a faccia entro inizio mese.
Tutto rinviato. Lo stesso meeting che Yang aveva convocato in fretta e furia per accorciare i tempi ed impedire alla controparte di organizzarsi, ora viene spostato di due mesi circa per permettere allo stesso Yang di riorganizzare la propria difesa. I motivi ufficiali sono nel tempo necessario alla SEC per analizzare tutta la documentazione relativa alle nuove vicissitudini interne ed alle varie proposte che l’azionariato porterà al meeting. La realtà è che le dimissioni di Edward Kozel sono solo la punta di un iceberg che sta minacciando l’integrità del team di Yang. Ufficialmente Kozel avrebbe solo concretizzato un desiderio avanzato molto tempo prima: già ad inizio anno Kozel voleva lasciare la sua poltrona, ma aveva congelato le proprie mosse dopo che Microsoft propose l’eclatante offerta pubblica di acquisto. Kozel, però, era anche tra coloro i quali non si era allineato con le posizioni di Yang e per questo motivo è ora di difficile interpretazione la sua dipartita. L’effetto più concreto è nel fatto che il numero dei rappresentanti del board scende da 10 a 9 unità.
La comunicazione indica in fine luglio il momento plausibile per il rinnovo del board (al limite con le scadenze imposte dai regolamenti interni) ed in quell’occasione il numero uno del gruppo potrebbe trovarsi contro un folto schieramento di sfidanti: almeno due azionisti si sarebbero già proposti ed un terzo (Carl Icahn) avrebbe già avanzato per conto terzi almeno 9 ulteriori candidature. Una dozzina di contendenti, insomma, tra i quali è risaputo esserci una forte rappresentanza di candidature strumentali volte a favorire il passaggio della proprietà verso i lidi di Redmond. Non tutte le candidature potrebbero però essere accettate: la comunicazione ufficiale spiega che verrà verificato il profilo di ogni candidato per valutare la possibilità o meno di concorrere alla sedia di Yang e solo in seguito si potrà dare il via libera alla “campagna elettorale” che porterà ai voti di fine luglio.
Sul tavolo delle trattative, al momento, sono rimasti due plichi. Uno contiene l’ultima offerta Microsoft (non pubblica) che potrebbe preludere ad una combinazione dei gruppi soprattutto nell’ambito della ricerca online. Il secondo plico contiene i test effettuati con Google, dai quali Yahoo potrebbe ricavare nuovo valore e performance economiche migliori. Nel cassetto rimane il plico con l’offerta di 33 dollari per azione che Microsoft si è vista rifiutare da Jerry Yang, offerta che giorno dopo giorno sembra ormai sempre più lontana.
Il patto di “merge” con Microsoft non dovrebbe teoricamente determinare problemi di antitrust perchè pur combinando la ricerca di entrambi non si giunge comunque a surclassare la fetta di mercato di Google. Un avvicinamento tra Google e Yahoo, invece, causerebbe un grave sbilanciamento del settore verso Mountain View, ipotesi già additata tanto da Microsoft quanto da alcune figure istituzionali.
A tutte queste ipotesi dimostra di non voler credere Larry Page, il quale in un recente intervento si è schierato invece su un versante opposto: Microsoft è etichettato da Page come il gruppo dalle pratiche poco pulite, ed una combinazione più rigida dei messenger (già oggi intercomunicanti) ad esempio creerebbe un controllo de facto sul settore specifico. Page sminuisce invece le possibilità che Google e Yahoo possano in combinazione avere un eccessivo controllo sul mondo della ricerca e tira ovviamente l’acqua al suo mulino per negare ogni possibile minaccia antitrust. La possibilità di un accordo con Google, infatti, è l’ultima leva contrattuale che Jerry Yang ha ancora nella sua fondina e, alla luce del meeting di luglio, ogni dettaglio sarà importante per stabilire il futuro del gruppo, il futuro del settore e il futuro dei rapporti di forza che tre dei maggiori gruppi del mondo online si stanno giocando in questa trattativa.