La marcia di avvicinamento (o presunta tale) alla quotazione pubblica di Skype prevede alcuni passaggi obbligati. Il primo di essi è nella quotazione dell’asset in dismissione, così che dallo spin-off puro e semplice si possa arrivare alla quotazione delle singole azioni portate sul mercato. Un valore eccessivamente alto renderebbe poco appetibile il pacchetto azionario in vendita, un valore troppo basso sminuirebbe il valore oggi in mano ad eBay. E se ancora una cifra ufficiale non c’è, inizia però a trapelare qualche prima indicazione di massima.
Parlando in occasione di una conferenza a Barcellona, il CEO eBay John Donahoe ha finalmente risposto alla domanda secondo cui Skype potrebbe essere portato in borsa con una quotazione complessiva di 2 miliardi di dollari. Nessuna conferma, nessuna smentita, ma una indicazione di massima: «Penso sia troppo poco». E aggiunge: «penso che i numeri parlino da soli. Non ci sono troppe aziende ad avere una crescita di questo tipo». Poche parole, ma un concetto sufficientemente chiaro: Skype vale più dei 2 miliardi ipotizzati ad oggi, poiché c’è da valutare un significativo tasso di crescita che ha portato il gruppo a quota 400 milioni di utenti ed ora già proietta il servizio verso nuovi traguardi.
Quella di John Donahoe è una vetrina importante ed il CEO non se la lascia sfuggire: «In 24 ore [Skype] è diventato l’applicazione più diffusa sull’iPhone in 40 paesi […] Tre settimane dopo, è stata scaricata sul 10% degli iPhone». Non c’è soltanto quello Skype che tutti hanno imparato a conoscere, insomma: oltre ai 400 milioni di utenti già attivi su pc, infatti, c’è ancora tutto un mercato da scoprire all’interno della dimensione mobile, ove il client VoIP potrebbe fare la differenza.
La quotazione in borsa è prevista per la prima metà del 2010. Secondo alcune teorie trattasi di mera strategia per convincere Niklas Zennstrom e Janus Friis ad alzare le loro disponibilità per rientrare in possesso del gruppo lasciato nel 2005. I due fondatori di Skype, infatti, sarebbero in azione per trovare i capitali necessari a rientrare in pista dalla porta principale, ma nessuno ha al momento confermato ufficialmente l’interessamento. Glissa sull’argomento anche John Donahoe, il quale ricorda come una azienda quotata non possa perdersi in rumor e debba soltanto dar spazio a fatti e posizioni pubbliche ed ufficiali.
I proventi dallo spin-off di Skype dovrebbero avere duplice finalità: “risarcire” la pazienza degli azionisti da una parte e rilanciare il marketplace dall’altra. PayPal è una stampella sufficiente per il futuro, ma le ultime trimestrali della triade eBay hanno ancora una volta maturato cifre poco incoraggianti. Con l’IPO di Skype prevista per l’inizio del 2010, già entro la fine del 2009 c’è da aspettarsi un chiarimento maggiore su una vicenda destinata a cambiare in modo sostanziale gli equilibri societari del gruppo.