Quando un utente si iscrive a Google+ ha un onere, prima di ogni altro, da compiere: organizzare le proprie cerchie sociali. Il gioco è organizzato in modo stuzzicante: una serie di cerchi, gli avatar degli amici da trascinare, il tutto in modo estremamente semplice ed intuitivo. Ma è sufficiente capire il meccanismo delle cerchie sociali ed utilizzarlo con pochi aggiornamenti di stato per imbattersi in una difficoltà che emerge rapidamente: la “cerchia sociale” è realmente un concetto accettabile? Fino a che punto l’utente si sente al centro di una “cerchia” e fino a che punto sa descriverla, comporla e definirla?
Su questo punto potrebbe giocarsi la battaglia principale della guerra contro Facebook. Google+, infatti, ha dato vita al concetto di “cerchia sociale” per giocare con gli utenti una partita differente: ha messo tutto nelle mani di chi si iscrive, ha lasciato che ognuno potesse tratteggiarsi addosso il proprio social network personale ed ha promesso massima apertura e trasparenza per fare in modo che sia l’utente ad avere il coltello dalla parte del manico. Ma non è detto che l’utente lo voglia. Non è infatti detto che, una volta in possesso di uno strumento potente, l’utente medio sia in grado di gestirlo. Né di apprenderne le potenzialità. Né di avere la benché minima intenzione di applicarvisi.
Google+ e la cerchia sociale
La cerchia sociale è una community di persone accomunate da una caratteristica che le rende “omologhe”. Tale caratteristica è scelta dall’utente che dipinge la cerchia: possono essere colleghi, amici, amici stretti, vicini di casa, amici intimi, cugini o altro ancora. Ogni persona può inoltre far parte di più cerchie sociali perché un cugino potrebbe essere anche un amico intimo e al tempo stesso un vicino di casa. La definizione delle cerchie sociali è un compito importante poiché è la base delle condivisioni successive: ogni qualvolta si carica un contenuto, l’utente può scegliere la cerchia con cui condividerlo e quindi esprimersi nella garanzia di veder circoscritta la condivisione all’interno della cerchia prescelta.
Al centro della cerchia sociale v’è l’utente stesso: l’utente è il baricentro di un gruppo che egli stesso definisce e plasma, di cui è il cuore e l’ombelico. La cerchia è fortemente incentrata sull’utente poiché è sull’utente stesso che basa la propria natura. Diverse cerchie significano diverse community, ma sempre lo stesso baricentro.
Soltanto l’utente che ha creato la cerchia sa come si chiama, come è caratterizzata e chi vi faccia parte. La cerchia sociale ha pertanto valore solo e soltanto per l’utente al centro.
Facebook, i gruppi e le liste
Il gruppo è un agglomerato di contatti accomunati da una caratteristica comune. Di per sé, però, il gruppo è più difficile da compiere e più facilmente sarà pertanto un insieme piccolo di persone scelte per motivazioni specifiche e dunque fortemente unite da motivi perlopiù “esterni”. Un gruppo nasce per organizzare una festa, per gestire un torneo di pallone o per organizzare una gita fuori porta, ed in ognuno di questi casi sono fortemente finalizzati ad un obiettivo nonché spesso ben determinati nel tempo.
Al centro del gruppo non v’è l’utente, ma una finalità (ossia una proiezione dell’utente verso la community). L’utente è semplicemente parte del gruppo al pari degli altri componenti. Il gruppo ha un valore sociale ed una utilità personale, ma il baricentro dell’agglomerato è ogni volta differente.
Tutti gli utenti del gruppo sanno il nome del gruppo stesso, le finalità del gruppo e chi vi faccia parte. Il gruppo su Facebook ha pertanto medesimo valore per ognuno dei membri ammessi.
Facebook, inoltre, ammette una categorizzazione ulteriore: le liste. Una volta create le liste le si possono utilizzare in qualità di gruppi stabili, predefiniti, alla stregua di quanto consentito da Google+. I meccanismi non ne incoraggiano però né l’organizzazione, né l’uso. E probabilmente, pur ricalcando formalmente il concetto dei “circles”, sono quindi uno strumento pressoché inutilizzato per l’organizzazione dei propri contatti.
La socialità è fluida
La contrapposizione tra le cerchie sociali di Google+ ed i gruppi di Facebook è una differente fotografia tecnica del modo di interpretare la socialità. In questo, però, l’approccio di Google+ appare più complesso rispetto a quello di Facebook e per questo motivo potrebbe stimolare meno la condivisione. Difficilmente, infatti, il concetto di “cerchia sociale” può essere cristallizzato e formalizzato.
Ogni persona vive la propria vita tenendo contatti con più gruppi, più realtà e più contesti. Un ragazzo qualsiasi appartiene ad esempio ad una classe scolastica, ad una famiglia, ad un giro di amici e ad una squadra di pallone. A parte la famiglia (e nemmeno sempre), ogni altro gruppo è labile e cangiante. Ogni gruppo è fluido, liquido: le classi durano un anno, le squadre di pallone possono cambiare ogni qualvolta un elemento si aggiunge o si toglie, il gruppo di amici cambia senza soluzione di continuità e spesso è peraltro difficilmente circoscrivibile. Stando così la situazione, come è concretamente possibile definire una serie di cerchie sociali che descrivano con oggettività, puntualità ed efficacia la presenza di sé in varie cerchie? Se anche la cosa fosse teoricamente possibile per un giorno, il giorno successivo occorrerebbe apportare probabilmente le prime modifiche: come è possibile definire in modo permanente una cerchia sociale con la tranquillità di una condivisione affidabile esattamente alle persone con cui si intende condividere un contenuto?
Così come sottolineato da Webnews, anche Sarah Perez si è posta medesimo interrogativo su Read Write Web:
Ammettiamo che diventi amico per davvero di qualcuno – non un amico di Internet – fuori dalle reti sociali che si stanno trasferendo nella stessa cerchia. Quando capita potresti essere costretto a spostare queste persone da una cerchia all’altra, o addirittura non sapere più dove metterle perché andrebbe bene in più cerchie. […] Forse non è un grande problema, con una sola persona. Ma siamo davvero disposti a farlo con tutte le nostre relazioni, e d’ora in avanti sempre? O passeremo moltissimo tempo a spostare conoscenti da una cerchia all’altra, oppure useremo questo strumento in modo più semplice, unificando tutto in una stessa cerchia. Ma il risultato allora sarebbe identico a Facebook
Facebook, socialità pragmatica
La sensazione è quella per cui Facebook abbia affrontato il simulacro sociale dei social network in modo più semplice ed efficace. L’idea del network di Mark Zuckerberg è quello per cui, una volta creata una propria community, la community stessa diventa una cerchia sociale. I contenuti li si possono pertanto scambiare al bar con gli amici del bar, a scuola con i compagni di classe, negli spogliatoi con la squadra di pallone e su Facebook con gli amici di Facebook. La gran parte dei contenuti è infatti in condivisione aperta, così che tutti i propri contatti possano leggere senza troppi distinguo. La cosa genera una certa tranquillità poiché l’utente sa esattamente chi leggerà l’aggiornamento: tutti. I gruppi consentono di circoscrivere i destinatari quando un particolare contenuto va limitato ed i messaggi privati consentono di restringere il campo ulteriormente.
Facebook affronta la questione in modo più pragmatico, ma anche in modo semplice: non occorre fotografare la comunità attorno a sé per condividere, perché Facebook è semplicemente una cerchia allargata che va a sovrapporsi (e ad includere, in taluni casi) la summa delle proprie amicizie. Google+ invece chiede questo sforzo agli utenti. Per certi versi sembra essere questa la conseguenza della differenza di approccio già fotografata dall’interno anche da Paul Adams (autore del libro “social circles”), ex-Google oggi in forze al team Facebook:
Google values technology, not social science
Simili se snaturati
Facebook potrebbe tranquillamente operare come un Google+ se solo si costruissero appositi gruppi da sfruttare come cerchie sociali. Al tempo stesso Google+ potrebbe operare tranquillamente come Facebook se solo si utilizzasse una sola cerchia sociale o si pubblicasse tutto per la visione della totalità dei propri “amici”. L’approccio delle due parti è però differente ed utilizzare uno dei due social network come se fosse l’altro significa andarne a forzare la natura. Significa snaturarlo, utilizzarlo per finalità improprie e non poterne pertanto godere dei pieni benefici.
Occorre pertanto pensare Google+ e Facebook come due entità diverse ed alternative. Ognuna, sulla base delle proprie caratteristiche, riuscirà a ritagliarsi un mercato proprio sulla base dell’appeal nei confronti degli utenti. Facebook parte però in vantaggio: perché ha già una grande community, perché ha un profilo più “social” e perché coltiva al proprio interno dinamiche più coinvolgenti. Google+ è partito in ritardo, ha un approccio ancora confuso e la grande crescita numerica attuale degli utenti iscritti non corrisponde alla quantità ed alla qualità dei contenuti immessi.
Sorge il dubbio per cui Google+ possa essere quindi oggi soprattutto l’anti-Twitter: del resto è più facile abbattere i cinguettii che non il colosso di Zuckerberg. Sorge il dubbio per cui Google+ sia una scelta forzata, ma la differenziazione potrebbe non essere tanto un atteggiamento offensivo, quanto più il tentativo di scavare una nicchia al di fuori dell’impossibile scalata a Facebook (prendendo quel che rimane non per scelta, ma per costrizione). Sorgono dubbi perché la situazione non è ancora stabile e la natura di Google+, soprattutto, non è ancora definita.
Sorge anche il dubbio, però, che le cerchie sociali non siano una entità destinata ad imporsi. Se non saranno un giorno gli algoritmi a delinearle (e tramite Gmail la cosa potrebbe teoricamente essere ipotizzabile, cambiando così le carte in tavola), difficilmente la community vi si saprà strutturare sopra. Sorge il dubbio, quindi, che la partenza lanciata di Google+ possa presto rivelare una trama confusa.
Dubbi e verbi al condizionale, quindi, entrambi destinati a sciogliersi nei prossimi mesi sulle bacheche di ciascun +utente. Gruppo per gruppo, cerchia sociale per cerchia sociale.