La storia della tv fa scuola. Agli albori c’erano pochi contenuti, e la novità spingeva le esigenze comunicative a rendere statale la trasmissione. Poi vennero i capitali privati: negli Stati Uniti si tentò la via dell’abbonamento, ma rimase una questione di nicchia. La tv è cresciuta quindi con un modello di sussistenza diverso: la pubblicità.
In Italia venne dapprima il Carosello: mezzora di intrattenimento promozionale incastonato ad un’ora precisa. Poco per volta l’appuntamento unico s’è polverizzato in una miriade di microannunci, fino agli odierni annunci in sovraimpressione con tanto di avviso sonoro. Quel che però è essenziale, è il fatto che il palinsesto intero si è modificato per accontentare le esigenze dei pubblicitari: tutto si è plasmato dinamicamente, creando zone di interesse e tecniche ad hoc per fare in modo che l’attenzione possa cadere su chi ha pagato e reso possibile l’investimento creativo. Se prima v’era la pubblicità incastonata tra i contenuti, tutto s’è fatto liquido ed oggi è vero semmai il contrario: vi sono contenuti sfumati tra una pubblicità ed un’altra. La trama vera, oggi, non è quella dei contenuti, ma quella della pubblicità: la struttura del palinsesto è fatta di microannunci intervallati da contenuti.
Alla luce di tutto ciò, alla luce di una trama che è passata da contenutistica a promozionale, le due immagini sottostanti (di pochi giorni or sono) non possono stupire più di tanto.
E’ un segno ineludibile di maturazione della Rete: chi investe nel Web ha capito l’importanza dello strumento, ma pretende spazi maggiori. Quando l’invadenza avrà superato la tollerabilità, il meccanismo di riflusso sarà automatico. L’esperimento, però, è doveroso: la pubblicità deve esplorare ogni singolo spazio ed ogni singola opportunità, perchè è sul Web che debbono nascere le emozioni che portano oggi all’acquisto.
Corriere e Gazzetta hanno messo in ballo l’identità del brand, l’usabilità della pagina, l’impatto emotivo delle notizie, tutto nel nome dell’advertising e della sostenibilità. Quel che non può forse essere una regola, è comunque una valida eccezione.
Se non ci si stupisce della tv, è doveroso e lineare non stupirsi nemmeno del Web. Anzi. Invece di stupirsi, è forse necessario guardare proprio alla tv per capire dove andrà il Web. Perchè Rupert Murdoch ha scelto una precisa strada già una volta, e sta tentando di ripetere l’operazione.