I sensori CMOS integrati nelle fotocamere degli smartphone possono essere trasformati all’occorrenza in uno strumento per la rilevazione delle radiazioni presenti nell’ambiente. Questo grazie alla brillante intuizione del team di ricercatori dell’Idaho National Laboratory, che stanno sviluppando un’applicazione dedicata proprio a questo. Al momento non è chiaro se l’intenzione è quella di rilasciare gratuitamente il software una volta perfezionato.
Senza scendere troppo in dettagli di natura tecnica, è possibile spiegarne il funzionamento con quanto segue. Quando un singolo pixel del sensore viene colpito da un fotone genera un fascio di elettroni, che può essere misurato e quantificato. Considerando che i raggi gamma sono costituiti da fotoni ad alta energia (decine di migliaia di volte maggiore rispetto a quelli della luce), è facile comprendere come possano essere rilevati seguendo lo stesso procedimento. Se intercettati con la giusta traiettoria, questi creano una linea luminosa sulla superficie del sensore, che può tornare utile per la lettura della radiazione.
Il metodo non assicura la precisione di un dosimetro commerciale o di un contatore Geiger avanzato, ma dai primi test effettuati con Nexus S, Galaxy Nexus e Nexus 4 risulta comunque piuttosto efficace. L’app in questione si occupa di rilevare il rumore di fondo dell’ambiente in cui ci si trova, per poi sottrarlo durante una misurazione e ottenere così una stima piuttosto accurata delle radiazioni a cui si è sottoposti. Perché il tutto possa funzionare, ovviamente, l’obiettivo deve risultare coperto (o comunque ostruito) in modo che la luce non possa entrare in alcun modo, lasciando che siano solamente i raggi gamma a raggiungere la superficie del sensore. Sfruttando anche la fotocamera anteriore, in futuro sarà addirittura possibile identificare la direzione da cui provengono i raggi gamma.
Essendo il progetto finanziato dal governo americano, è possibile che la finalità sia quella di rendere il software disponibile alla popolazione una volta terminato lo sviluppo. In questo modo, ad esempio nelle situazioni di emergenza, potrebbe tornare utile per evitare l’accidentale esposizione a fonti di radiazioni potenzialmente nocive per l’organismo.