La notizia di Unicredit che lascia Facebook e le altre piattaforme che fanno capo al gruppo di Mark Zuckerberg potrebbe aver ottenuto la rilevanza mediatica che merita solo per 24 ore, ma vale molto di più.
In Italia almeno, è uno dei primi casi di un grande gruppo bancario, che nella sua storia avrà speso un bel po’ di soldi in banner e adv sul social network, che decide di utilizzare solo canali digitali ufficiali per interagire con il suo pubblico, di nuovi e vecchi clienti. Sebbene in assenza di una conferma ufficiale di fondo, il problema pare essere la ben poca fiducia di cui oramai gode Facebook nei confronti di aziende, enti e individui singoli, almeno per quanto riguarda la gestione della privacy e delle informazioni ospitate online. Tutto gira intorno al concetto di dato, come è evidente, un elemento di valore che certe organizzazioni, come Unicredit, non possono permettersi di condividere con altri e, soprattutto, che altri possano condividere con i propri competitor.
C’è un paradosso fondamentale dietro ad una simile decisione. La stessa Unicredit, grazie a Facebook, ha raggiunto migliaia di utenti in più. Per farlo, ha beneficiato dei big data del social network, messi a disposizione della banca tramite gli strumenti pubblici di profilazione, basati sulle informazioni conservate e gestite dallo stesso Facebook. Quello che Unicredit ora vorrebbe fare è cancellare il passato, eliminando la possibilità che le interazioni ottenute con i navigatori possano servire a Mr. Zuck per portare avanti alcuni dei suoi scopi futuri, tra cui quello probabile di costruzione di un servizio di banca peculiare, molto più vicino di quanto sembri.
L’istituto ha fatto passare la sua mossa come un andare incontro ai clienti e alle loro esigenze di riservatezza. Magari sarà proprio così ma è inevitabile pensare che dietro ci sia di più: una volta aver capito che la medesima piattaforma che ha semplificato il contatto con gli utenti può diventare una concorrente, o avvantaggiare le concorrenti, magari condividendo informazioni fondamentali sui prospect (i possibili nuovi clienti) ha pensato che forse meglio di no, riportare tutto all’interno di un perimetro controllato è la scelta migliore.
Peccato che oramai il danno è fatto, nel senso che quello che Facebook poteva sapere lo ha ottenuto negli anni e probabilmente basta per farsi un’idea dei risparmiatori italiani, come di quelli in giro per il mondo. Il flusso di contenuti digitale non si può certo eliminare con un colpo di coda, come fossero dati e statistiche conservate su fogli di carta. E anche nel caso in cui il vero obiettivo sia tenere riparate le persone da casi quali Cambridge Analytica, farlo adesso ha ben poco senso, visto che il fattaccio riguarda il passato e dunque, come anticipato, i contenuti più interessanti sono già nelle mani, pardon, dei server, degli interessati.
Ad ogni modo, se c’è uno sconfitto in tale contesto, è proprio Zuckerberg. Il rischio è che, sulla scia di Unicredit, anche altri importanti social-investitori possano fare il grande passo indietro, costruendosi la propria rete su app e siti proprietari e lasciando perdere il mare magnum di Facebook, Instagram e Messenger. Un ritorno al privato? Pare proprio di si, e del resto lo ha capito proprio Zuck, profetando maggior privacy al recente F8.