Il consiglio europeo ha adottato il nuovo regolamento generale per l’aggiornamento della direttiva sui servizi audiovisivi. L’obiettivo principale è quello di semplificare la cornice comune delle regole audiovisive in tutta l’Unione ed evitare la complicazione delle diverse leggi nazionali che causano il blocco geografico dei contenuti, ma in questi accordi spunta il problema attualissimo dei video violenti.
In genere quando c’è un accordo tra gli Stati membri, è quasi certa l’approvazione finale al Parlamento europeo. Dunque questi accordi, frutto di un anno di lavoro, sono piuttosto importanti anche se non sono ancora in vigore. Il mercato unico digitale nell’UE prevede la fine delle tariffe per il roaming, un migliore coordinamento dello spettro, la portabilità dei contenuti online. Oltre a questo, le nuove norme impongono per legge una percentuale di contenuti prodotti localmente ai servizi video quali Netflix e Amazon Prime Video. Il requisito originario del contenuto locale del 20% dovrebbe essere aumentato al 30%.
Ma nel suo comunicato, il commissario Andrus Ansip cita anche altre finalità, compreso l’hate speech:
Dobbiamo tener conto dei nuovi modi di guardare i video e trovare il giusto equilibrio per incoraggiare servizi innovativi, promuovere film europei, proteggere i bambini e affrontare i linguaggi di odio in modo migliore.
Well done @EU2017MT reaching general approach on updated EU audiovisual rules #AVMSD at #EYCS Council. My statement: https://t.co/6cw9LZQ27s
— Andrus Ansip (@Ansip_EU) May 23, 2017
Sì, ma come? Questi accordi non sono ancora pubblici, ma è ormai noto come la grande bufala delle fake news (perché questo è: una bufala), cioè la teoria secondo la quale i social network hanno condizionato il voto britannico e americano, con l’aggiunta della propaganda dei terroristi e i casi di video violenti che hanno sconvolto l’opinione pubblica, hanno condizionato il dibattito dei ministri europei, finendo per inserire in questi accordi anche i social e la loro non meglio precisata, e identificata, “colpa”.
D’altronde basta mettere tutte le tessere del domino una davanti all’altra: la pressione della Commissione sulle policy aziendali delle web company; la proposta dura della Germania di milioni di euro di multe ai social che non cancellino le notizie false in 24 ore; le varie proposte, più o meno folli, copiate da quella tedesca, per multare questi siti in caso non cancellino velocemente i contenuti di odio, la propaganda neonazista, le fake news. In questo momento, sembra che gli accordi non siano aggiornati al tema dello streaming, quindi non contenga soluzioni per i casi di contenuti live.