Entro il 2020 ogni singola abitazione nell’Unione Europea dovrà avere a disposizione almeno 30Mbps di banda larga ed almeno metà della popolazione dovrà godere di almeno 100Mbps. Quella che sembra poter essere oggi una chimera, presto potrebbe prendere forma in un progetto specifico da parte della Commissione Europea, le cui indicazioni in tal senso sono chiare da tempo: la banda larga un ingrediente fondamentale per il futuro dell’economia del vecchio continente e non è possibile pertanto prescindere da un impegno radicale in questa direzione.
A svelare i piani della Commissione è la BBC, secondo cui le autorità europee sarebbero in procinto di annunciare un sostanzioso piano di stimolo per fare in modo che l’Unione Europea possa dare il via alla costruzione di una rete a banda larga che coinvolga tutti i paesi membri e che arrivi capillarmente sul territorio, partendo dai grandi centri metropolitani per arrivare ai piccoli borghi delle aree rurali (notoriamente le zone più difficili da raggiungere e pertanto quelle più penalizzate: l’esempio italiano è in tal senso emblematico).
L’UE sarebbe pronta a mettere sul piatto ben 9,2 miliardi di Euro a partire dal 2014, ma la speranza è che tale politica di stimolo possa attrarre ulteriori 50 miliardi provenienti dal settore privato, dai governi e dalle amministrazioni locali: un impegno di questo tipo potrebbe cambiare radicalmente le cose, dando il via ad una svolta che potrebbe farsi volano dell’uscita dell’UE dalla crisi economica in cui versano i mercati in questo momento.
I fondi saranno raccolti all’interno dell’apposita Connecting Europe Facility (CEF) ed elargiti centralmente sulla base dei progetti avanzati. L’iniziativa va sicuramente in controtendenza rispetto alla Legge di Stabilità che in Italia si appresta a sottrarre alla banda larga anche quegli 800 milioni di euro già promessi a seguito del successo ottenuto dalla cessione delle frequenze per il 4G.
Da anni in Italia l’incumbent sottolinea che la carenza di investimenti in una rete di nuova generazione è dovuta alla mancanza di domanda da parte dell’utenza (in conseguenza di un digital divide che sarebbe culturale prima ancora che strutturale); dall’Europa giunge invece approccio contrario: il digital divide è strutturale prima ancora che culturale e per questo motivo investire in banda larga significa investire nel futuro. L’Italia dovrà prepararsi ad accogliere al meglio le sollecitazioni provenienti dall’UE con il piano di stimolo perché, in caso contrario, si rischia di perdere anche l’ultima grande occasione per cancellare gli errori del passato e proiettarsi in una dimensione digitale all’altezza di un paese che sogna di continuare a sedere nel salotto buono dell’economia internazionale.