Perché la guida autonoma possa davvero spalancare le porte a una nuova era della mobilità sarà anzitutto necessario un cambiamento culturale: veder circolare sulle nostre strade veicoli senza conducente a bordo genererà inevitabilmente in un primo momento un mix di curiosità e stupore. Vi saranno anche giustificati timori, per una tecnologia che delega ad hardware e software un compito delicato di cui si è sempre occupato in prima persona l’essere umano.
Tutte le realtà impegnate nello sviluppo delle self-driving car lo sanno bene. Ford non fa eccezione e, oltre a lavorare sul perfezionamento di LiDAR, sensori e algoritmi, sta indagando le reazioni suscitate da un veicolo autonomo nella collettività. In collaborazione con l’istituto Virginia Tech, l’automaker ha condotto un interessante esperimento, nascondendo un guidatore nel sedile di un veicolo e integrando nel parabrezza una barra luminosa con animazioni che hanno il compito di comunicare con le persone e con le altre vetture. In altre parole, senza un conducente al volante non sarà più possibile interagire tramite gesti e sguardi, ad esempio per assicurare a un pedone la possibilità di attraversare la carreggiata in tutta sicurezza o assegnando la precedenza ad altri veicoli in mezzo al traffico.
Ovviamente, perché un sistema di questo tipo possa risultare efficace nel mondo reale, i segnali luminosi emessi dovranno essere standardizzati e immediatamente riconoscibili da tutti, indipendentemente dalla tipologia di vettura. Per andare incontro alle esigenze degli ipovedenti, invece, si potrebbe ricorrere ad avvisi sonori.
L’esperimento di Ford è alquanto curioso, almeno per le modalità con le quali è stato condotto. L’idea di nascondere un conducente in carne ed ossa all’interno del veicolo non è in realtà dell’Ovale Blu: lo aveva già fatto la produzione di Supercar, che qualche decennio prima dei progetti self-driving aveva capito che per rendere KITT del tutto autonoma era sufficiente ingaggiare un “uomo-sedile”.