L’Europa non fa abbastanza con le startup. Forse una critica più esplicita non si era mai letta, né su questo argomento, né da una testata molto considerata come The Verge. Il report pubblicato ieri dal celebre blog americano ha un titolo inequivocabile: «Dove sono finite tutte quelle startup?». Talmente diretto che il commissario Neelie Kroes ha subito replicato in un post su Facebook.
Le domande che si è posto Vlad Savov non sono affatto peregrine: per quale motivo aziende come Airbnb, Netflix, Instagram dovrebbero spuntare e avere successo sempre negli Stati Uniti e non in Europa? Ma soprattutto: la politica europea sta davvero stimolando le tech-startup oppure le sta annegando in un mare di burocrazia?
Troppe leggi
Facile immaginare cosa ne pensa l’autore dell’articolo: nella silicon valley, per molte ragioni, è impossibile comprendere la stratificazione, la complessità legislativa – che è prima di tutto culturale – del vecchio continente. È dunque normale la reazione che si prova (ma non è necessario essere americani, a dire la verità) quando si visita startupeurope.eu, cioè l’Agenda Digitale messa in piedi da Neelie Kroes, la quale forse accusando un po’ il colpo ha linkato questo indirizzo in un suo post su Facebook.
The Verge riconosce alla Kroes la consapevolezza che l’Europa soffre di una perdurante incapacità di sfruttare correttamente le sue vaste risorse («una forza lavoro istruita, penetrazione della banda larga e una popolazione che rimane ben oltre gli standard globali») e ha valutato il lavoro della Commissione europea che ha recentemente istituito una serie di strumenti.
I gioielli della Kroes
Nell’agenda europea, infatti, la Kroes ha inserito un Club di imprenditori influenti e investitori, che steely Neelie definisce «gioielli della corona» e che spera di poter utilizzare per appianare alcune delle sfide poste dall’innovazione. Uno dei nomi forti è quello di Niklas Zennström, cofondatore di Skype. Paladino del mercato libero e globale delle startup, che nega che possano esistere luoghi più adatti di altri al loro sviluppo, perché la Rete è un iperluogo.
The Verge però non è tenero al riguardo:
Anche se è vero che il pubblico potenziale di qualsiasi startup del web è l’intera popolazione di internet, ci sono ostacoli europei che le limitano. Si consideri uno dei più grandi successi europei, Spotify. La maggior parte della storia di questo streaming musicale è stata limitata nei paesi scandinavi e nel Regno Unito. Costretta dalla necessità di negoziare i diritti di licenza su una base per-Regione e per-Paese, Spotify è riuscita ad entrare nel mercato cruciale degli Stati Uniti molto tempo dopo la sua nascita. Immaginate quanto più rapidamente la società si sarebbe potuta evolvere se ci fosse stato un sistema uniforme di licenze per la musica in tutta l’EU.
Qui sta l’inghippo, ben spiegato nel lungo report (da leggere assolutamente) del blog. Il diritto contrattuale unico, l’armonizzazione fiscale, sono obiettivi lontanissimi che l’agenda digitale in un certo senso neppure si pone, concentrandosi su lunghe operazioni di reporting e di finanziamenti, lasciando questi temi al governo d’Europa e dunque al consiglio dei primi ministri. Cioè, Michel Barnier deve vedersela coi 27 colleghi membri, con le conseguenze immaginabili.
In questo modo, l’Europa invece di essere portata al rischio è soggetta a rischio. È più facile costruire un’app che allo stesso tempo incontri le esigenze degli utenti di New York e New Orleans di quanto si riesca con le persone a York, in Inghilterra, e Orleans in Francia.
L’argomento è decisamente pro-americano e forse un po’ ingeneroso. Le barriere linguistiche e la relativa giovane età del progetto europeo concorrono a questo tipo di risultato. Ma certamente il quadro che ne emerge è onesto: l’Europa guarda alle startup, ma fornisce loro un mercato poco interconnesso e troppe differenze normative all’interno dei suoi confini. Regole del vecchio mondo per il mondo nuovo.
Le eccellenze, ma non il sistema
Anche se le eccellenze non mancano, anzi: le startup con base a Berlino cominciano a stupire il globo (basta il nome di SoundCloud, in pectore per gestire lo streaming su Twitter), e Londra è la città dove i colossi della rete stanno investendo di più, attualmente. In Francia è nata Deezer.
La morale è presto detta: se l’Europa vuole sfruttare al meglio i suoi talenti dovrà ridurre l’onere normativo che appesantisce le piccole imprese e sfruttare appieno le economie di scala che Londra e Berlino hanno imparato ad offrire.
Al momento solo la silicon valley è in grado di abbinare rapidamente progettisti capaci e programmatori agli investitori che possono fare la differenza nelle fasi iniziali di sviluppo di una idea imprenditoriale. Questo stile richiede un coordinamento simile tra le parti interessate, in modo che l’attuale tendenza ai casi isolati si trasformormi in un movimento coeso. Il risultato non dev’essere una copia della Silicon Valley, ma sicuramente deve competere con essa.