Un bel colpo per la giustizia federale USA, un colpo basso per l’immagine della sicurezza degli States: centinaia di computer in dotazione al Dipartimento della Difesa si sono rivelati essere sotto controllo esterno e probabilmente usati come “zombie” in attacchi DDoS coordinati.
Se la sicurezza in sé non sembra essere stata violata in alcun modo, rimane l’incertezza legata ai sistemi informatici adottati dagli organi preposti: le backdoor aperte sono sintomo preoccupante che, in questa particolare congiuntura storica, risulta oltremodo evidente. Le autorità hanno ora assicurato un immediato intervento al fine di rattoppare la fallacia dei sistemi resa evidente dalle recenti indagini.
L’azione che ha fatto emergere tali problematiche è quella che nelle ore passate ha portato al fermo di 150 sospetti spammer. Prima le incursioni in diverse abitazioni, poi la scoperta degli attacchi DDoS a fini di concorrenza aziendale, infine la vicenda degli “zombie” federali: il filone non sembra però esaurito, e dai diversi interrogatori gli inquirenti puntano a sviluppare ulteriormente le indagini per sradicare con maggiore incisività in fenomeno evidenziato. Infondo John Ashcroft, colui che fin dall’inizio ha diretto le operazioni, lo aveva annunciato: grandi risultati erano previsti, grandi risultati stanno arrivando. Ed il tutto va a colpire un settore dal giro d’affari multimilionario.
«Lo spam è solo il veicolo», così interpreta il tutto il rappresentante Microsoft Liz Christopher: l’azione, partita proprio con l’annuncio di una retata anti-spam, ha in effetti evidenziato problematiche che sono andate ben oltre la semplice pubblicità indesiderata via mail: ben più preoccupanti, infatti, le conseguenze di fenomeni quali phishing o i precitati DDoS, eventi legati a vere e proprie truffe ed estorsioni.