Nel pomeriggio del 20 novembre sono usciti una serie di dati americani che hanno confermato il peggioramento dell’economia statunitense.
I primi dati riguardano le richieste di sussidi di disoccupazione al 15 novembre, che sono salite di 27 mila unità, per un totale di 524 mila unità. Il Dipartimento del lavoro ha dichiarato che si tratta del massimo da 16 anni.
Poi è seguito il dato sull’indice manifatturiero regionale della Fed di Philadelphia che è risultato a -39,3 dal -37,5 di ottobre (le attese degli analisti erano per un -35) e che segna il livello più basso dal 1990. Il sotto-indice dei nuovi ordini al settore, comunica la Fed, ha registrato una flessione attestandosi a novembre a quota -31,4 da -30,5 e quello sull’occupazione risulta a -25,2 registrando una peggioramento sui risultati di ottobre che erano a -18.
Anche il Superindice dell’economia ha registrato ad ottobre un calo dello -0,8, quando il consenso degli analisti era per uno -0,5, pertanto anche questo peggiore delle attese stimate. Lo ha reso noto il Conference Board, l’organizzazione not-for-profit americana, che è appunto quella che pubblica i dati della “fiducia dei consumatori” e i “leading indicators” (indici guida sull’andamento dell’economia) due dei parametri che influenzano sia la politica monetaria della Fed che l’andamento di Wall Street.
Il risultato di queste notizie è stata una forte accelerazione al ribasso di tutte le borse mondiali e l’indice Vix che misura la volatilità implicita a breve termine delle opzioni at the money sull’indice Standard and Poor’s 500 quotate sul mercato delle opzioni del CBOE (Chicago Board of Trade) è risultato in rialzo di 446 punti base (+6,01%) al 78,72%, dopo l’apertura al 74,26% e un massimo di seduta all’80,35%, indice di un fortissimo nervosismo da parte dei partecipanti al mercato e che i ribassi non sono ancora purtroppo terminati.