Se la legge Urbani ha causato un certo sconcerto in Italia per il pugno duro adottato contro la pirateria, la nuova Family Entertainment and Copyright Act (FECA) statunitense si dimostra ancor più intransigente: sarà il carcere lo spauracchio usato contro chi fa uso di reti peer-to-peer, e non sarà necessario conservare o distribuire una grande mole di file per rientrare nel gruppo dei “punibili”.
La legge colpisce in modo particolare tutte quelle che sono le diffusioni anticipate di materiali coperti da copyright rispetto all’uscita ufficiale sul mercato (dunque i brani musicali disponibili su P2P prima dell’uscita del CD oppure i film scaricabili prima dell’uscita nelle sale cinematografiche). La casistica è varia, ma è in generale la pena carceraria il provvedimento introdotto a risolvere situazioni di “bootlegger” e distribuzione.
La FECA prevede inoltre la possibilità di distribuire strumenti in grado di filtrare i contenuti “immorali” al fine di permettere un uso controllato dei supporti in ambito famigliare ed in presenza di minori (al centro della questione in particolare il dispositivo ClearPlay). Tale aspetto sembra rappresentare la moneta con la quale l’elettorato accetta le restrizioni in cambio di una aumentata misura di controllo morale sui contenuti; d’altro canto la moneta è quella pagata dai produttori per far accettare il nuovo giro di vite legislativo.
Da più parti si è immediatamente alzato il coro di coloro i quali vedono nel provvedimento una azione sproporzionata rispetto alla reale consistenza del reato (nel coro anche Adam Eisgrau, rappresentante del P2P United). Dello stesso avviso Peter Jaszi, docente di normativa del copyright intervistato da CNET, e Michael Weiss, CEO StreamCast Networks (azienda titolare della distribuzione di Morpheus). Al contrario un accorato applauso giunge da Mitch Bainwol, portavoce della RIAA.
Per l’entrata in vigore del provvedimento manca solo più la firma del Presidente George W. Bush. Interessante notare come dietro la FECA, il cui procedimento legislativo è iniziato in Senato nel Gennaio dell’anno corrente, vi siano nomi quale quello del senatore Lamar Smith, rappresentante repubblicano distintosi in passato per il proprio accanimento contro la pirateria, Orrin Hatch (colui il quale a suo tempo propose di distruggere da remoto i computer contenenti materiale illegale) e Patrick Leahy (tutti e tre lautamente finanziati dall’industria dell’intrattenimento e tutti e tre già firmatari in precedenza della cosiddetta “Pirate ACT”).