Trattasi di una vittoria probabilmente simbolica, probabilmente scontata, ma se non fosse avvenuta si sarebbe probabilmente dato il via ad una devoluzione di portata storica per la rete: negli Stati Uniti, infatti, ha ottenuto l’ok definitivo la legge che prevede il fatto per cui l’accesso alla rete debba rimanere ‘tax-free’.
Trattasi di una legge federale alla quale i vari stati degli USA debbono far riferimento: nessuna tassa può essere imposta per l’accesso alla rete, così che Internet rimanga negli anni uno strumento libero e, grazie alla sua gratuità, senza vincoli all’entrata. In pratica viene perpetrato quanto già in atto oggigiorno, ma il tutto non era così scontato se è vero che dopo il 1 novembre ogni singolo stato della federazione avrebbe potuto scegliere in proprio il comportamento da tenere. Una ricerca portata avanti nell’alveo degli Internet Service Provider USA ha stimato nel 17% il potenziale aumento del costo dell’accesso al web se la legge non avesse avuto la scontata approvazione comunicata nel weekend.
La votazione è giunta al Senato dopo che già in prima battuta la legge aveva avuto il lasciapassare della House of Representatives. Originariamente la Internet Tax Freedom Act è stata approvata il 21 ottobre 1998 con la firma del presidente Bill Clinton. La legge ha poi visto prolungati una prima volta i termini fino all’attuale scadenza del 2007. Grazie al voto odierno tale dispositivo viene esteso di ulteriori sette anni, rimettendo dunque in discussione il tutto nell’ottobre 2014. Fino ad allora l’accesso a Internet rimarrà negli USA un servizio completamente estraneo all’esattoria federale.
Per la verità la legge necessita ancora di un passaggio formale prima della firma di George Bush. In Senato, infatti, si sono scontrate le posizioni di alcuni rappresentanti che volevano una moratoria definitiva (in grado di liberare permanentemente il web dal possibile giogo della tassazione) e quanti invece propendevano per una posizione simile a quella approvata dalla House (4 anni di moratoria). La posizione finale è stata per un compromesso a 7 anni che ora dovrà ripetere l’iter formale dal principio prima di entrare a tutti gli effetti in vigore.