Arriva dal Government Accountability Office (GAO) una stima che da tempo sono in molti ad attendere: una reale valutazione della pirateria e dei danni relativi, una ricerca che vada oltre i calcoli odierni (dolosamente semplificati per semplice convenienza) e riesca a commisurare in termini reale quale sia il danno che la pirateria apporta realmente al mercato. Ed è questa una valutazione fondamentale, poichè permette di ridefinire le dimensioni del problema e capire quali siano i contorni esatti e la possibilità di intervento. I nuovi modelli di business nasceranno su questi numeri.
Il report del GAO (pdf) parte da un assunto che si fa dogma: la pirateria è dannosa, è contraria ai principi su cui si basa il mercato e la legislazione USA, ed è pertanto un male da estirpare. L’agenzia sottolinea però l’importanza di una metodologia corretta di valutazione, perchè quelle attuali sono evidentemente deviate. In particolare si contesta il fatto che l’acquisto di merce contraffatta venga valutata in rapporto 1:1 ai danni apportati al mercato. Questo perchè l’assunto si basa su tre condizioni raramente verificabili: la qualità del prodotto è identica all’originale, il prezzo è il medesimo e la scelta dell’utente non è dettata dalla conoscenza del fatto che si entra in contatto con un prodotto contraffatto. In realtà la qualità è normalmente inferiore, il prezzo è molto al di sotto del prezzo normale e la scelta dell’utente è basata su queste ultime considerazioni. Il danno al sistema è però tutto da verificare: «è difficile, se non impossibile, quantificarne l’impatto economico».
Nei media digitali il tutto si fa ancor più complesso poichè la riproducibilità è esponenzialmente aumentata, la qualità rimane in molti casi pressoché immutata ed il prezzo di diffusione tramite reti online diviene pari a zero. Come valutare l’impatto della pirateria online sul mercato globale, quindi? Il GAO propone un sistema di moltiplicatori e di costanti, qualcosa che permetta un raffronto matematico omologando i parametri per giungere ad un numero definitivo statisticamente più accettabile.
L’esempio più chiaro è quello della musica digitale. Secondo le valutazioni dell’agenzia, la pirateria diminuisce del 20% gli acquisti in proporzione al materiale pirata in possesso. Ciò significa che il possesso di 5 contenuti piratati, in media, incoraggia all’acquisto di 1 contenuto originale in meno. Questo per un motivo semplice e ribadito da tempo da quanti contestavano le stime di RIAA ed affini: gli utenti non acquisterebbero mai la totalità dei file scaricati gratuitamente e la pirateria è spesso costituita da download di prova, da ascolti una tantum, da semplici ricerche, da errori ed in larga parte anche da acquisti che non si potrebbero altrimenti compiere per semplice opportunità economica.
La GAO ammette che molti operatori del settore hanno immediatamente rigettato la stima in virtù di un discorso più complesso che vuol coinvolgere l’intera filiera di distribuzione e non soltanto il mercato di produttori ed autori. Per la prima volta, però, v’è una fonte nuova ed una nuova ispirazione nel computo del danno derivante dalla pirateria. D’ora in poi, quindi, le cifre avranno un nuovo parametro interpretativo tale per cui, stando all’esempio della musica online, il danno sbandierato va diviso per 5 per giungere ad una stima più reale di quello che è il danno reale per l’indotto.
Fermo restando che, qualunque sia la costante di riduzione, il danno c’è ed è cospicuo. Per questo servono nuovi modelli di business, per questo servono nuove considerazioni a livello istituzionale. La lettera aperta al ministro Maroni si inserisce nel solco di queste valutazioni: per risolvere il problema occorre anzitutto identificarlo, senza giochi delle parti a deviare la sana discussione necessaria.