La sentenza da 69 pagine firmata dal giudice Conrad Rushing è di quelle che segna una svolta in grado di entrare nella storia: Apple ha perso la propria causa contro i siti che avevano pubblicato notizie provenienti con tutta evidenza da anonimi insider, ma il fatto specifico sembra passare in secondo piano. Ciò che maggiormente è importante in questa sentenza è il fatto che la giurisprudenza che regolamenta i diritti ed i doveri della scrittura online cambia indirizzo coinvolgendo in questo cambiamento soprattutto la blogosfera.
L’impianto della sentenza segue un filo logico semplice: è impossibile operare una distinzione lineare tra i vari tipi di fonti online. Sulla base di questo principio diventa impossibile discernere tra fonti legittime e fonti illegittime in quanto si incorrerebbe nel rischio di contravvenire al Primo Emendamento, e dunque i siti contro cui si era scagliata Apple non avranno il dovere di rivelare le proprie fonti.
Il caso nacque quando (correva l’anno 2004) i siti AppleInsider e PowerPage.org pubblicarono in anteprima notizie riguardanti Asteroid, un prodotto di prossima uscita ma fino a quel momento rimasto nel cassetto dei segreti di Apple. La software house di Cupertino si è immediatamente scagliata contro i responsabili dei siti chiedendo di sapere chi aveva fornito loro la notizia ed eventualmente avendo accesso a tutto il materiale necessario per approfondire la vicenda. Formalmente Apple non aveva denunciato direttamente i responsabili ma aveva tentato di accedere alle loro caselle di posta passando per i rispettivi Internet Service Provider. Il processo sembrava inizialmente volgere in favore di Apple, ma la sentenza finale è di segno completamente opposto: la segretezza della fonte è inviolabile e se Apple vorrà trovare le mele marce dovrà operare con un approfondito lavoro di indagine all’interno della propria azienda.
Da più parti la sentenza è stata vista come una fondamentale vittoria della libertà online in quanto permette anche ai blogger di portare avanti inchieste senza la spada di Damocle della denuncia a minare la serenità del lavoro e la sicurezza delle fonti. Festeggia anche la Electronic Frontier Foundation il cui rappresentante Kurt Opsahl ha applaudito la vittoria della libera circolazione delle notizie contro un regime di controllo che le grandi aziende vorrebbero imporre sui media allo scopo di difendere i propri interessi. La EEF ha appoggiato fin da subito la causa offrendo le proprie risorse ai blogger incriminati (Jason O’Grady, Monish Bhatia e Kasper Jade) per favorirne la difesa in tribunale.