La corsa verso Marte è iniziata e l’ennesima conferma arriva dalla Casa Bianca. Il presidente uscente Barack Obama dichiara senza troppi giri di parole che entro la fine degli anni ’30 gli Stati Uniti invieranno i primi astronauti sul pianeta rosso e li riporteranno a casa sani e salvi, in vista di missioni successive in cui sarà possibile restare sul suolo marziano per periodi prolungati.
Per far sì che l’obiettivo possa essere raggiunto è però necessaria una maggiore collaborazione tra le realtà pubbliche e quelle private, una cooperazione finalizzata a creare sinergie da mettere in campo nell’ambito dell’esplorazione spaziale. Essere leader a livello mondiale di un programma che punta agli angoli più reconditi del cosmo porterà, secondo Obama, benefici non solo in termini di ricerca nel territorio dell’astrofisica, ma anche in quello medico e tecnologico, senza contare il fatto che iniziative di questo tipo sono in grado di stimolare l’interesse di intere generazioni verso tutto ciò che riguarda lo studio dell’innovazione e della scienza.
Nella sua lettera pubblicata da CNN, il presidente cita alcuni dei traguardi raggiunti dalla NASA, come la scoperta della presenza di acqua sul pianeta rosso e la ricerca finalizzata a garantire la sopravvivenza degli essere umani in ambienti potenzialmente ostili come quelli che riserva lo spazio profondo. Non vengono citate direttamente SpaceX e Boeing, ma con tutta probabilità sono queste due le realtà private alle quali Obama fa riferimento, entrambe impegnate nella progettazione di razzi e vettori sufficientemente potenti ed evoluti per percorrere le centinaia di milioni di chilometri necessarie a portare a termine la missione.
Gli astronauti dovranno fare i conti con potenziali rischi per la salute, come evidenzia uno studio condotto dalla University of California. Dopotutto, lo stesso Elon Musk ha dichiarato che i primi esploratori inviati su Marte dovranno essere pronti a tutto: anche a morire.