Criticare il proprio capo su Facebook non è passibile di licenziamento. Lo ha stabilito la U.S. National Labor Relations Board, che dopo aver preso in esame il caso di Dawnmarie Souza ha comunicato la decisione di impedire alle aziende di licenziare i propri dipendenti per quanto esposto da questi ultimi tramite la rete.
Dawnmarie Souza, impiegata presso la American Medical Response of Connecticut, ha ricevuto nel corso dello mese di novembre 2010 una lettera di licenziamento dovuta ad alcune parole d’offesa rivolte al proprio datore di lavoro su Facebook, per giunta durante le proprie ore di lavoro e attraverso un computer aziendale. La vicenda è stata subito presa in cura dalla NLRB, che è riuscita a trovare un accordo con il gruppo operante nel mondo dei trasporti ospedalieri nel Connecticut.
L’obiettivo di tale presa di posizione è quello di permettere a tutti i dipendenti di godere del diritto di espressione in merito alla propria occupazione, ai propri colleghi e superiori e alle proprie condizioni lavorative. La decisione non si limita al solo Facebook, ma riguarda anche qualunque altro canale di comunicazione disponibile in rete: blog, siti web e quant’altro possa essere utilizzato per esprimere il proprio punto di vista. Un precedente, questo, che farà tirare un sospiro di sollievo a numerosissimi impiegati statunitensi, che potranno ora navigare in rete con maggiore tranquillità, senza correre il rischio di essere licenziati per aver detto una parola di troppo sul proprio capo.
L’emendamento della NLRB sembra però riguarda esclusivamente i lavoratori aderenti ai sindacati. Non è ancora stata resa nota la data in cui Dawnmarie Souza verrà reintegrata nello staff aziendale, né tantomeno se ciò avrà effettivamente luogo. Se la donna riuscirà a riottenere il proprio posto potrà sì contare su un’importante carta in proprio favore, ma dovrà fare certamente più attenzione a quanto pubblicherà sul proprio profilo Facebook.