L’attacco degli Stati Uniti contro Huawei e ZTE ha messo in luce una situazione di grave tensione che va accumulandosi sul mondo della tecnologia. Si tratta di una tensione che arriva dall’esterno, che dalla politica e l’economia internazionali si scaricano su chi produce e distribuisce dispositivi elettronici. Tramite questi dispositivi, infatti, politica ed economia sviluppano le proprie dinamiche rendendo così reti, sistemi operativi, software e social network del tutto essenziali per il controllo di equilibri estremamente fragili.
Huawei non ha accettato di buon grado la diffida statunitense. E lo ha voluto evidenziare a chiare lettere con una presa di posizione pubblica di risposta all’analisi della House Permanent Select Committee on Intelligence: 11 mesi di collaborazione e tavole rotonde non sono bastati per mettere sul piatto ogni evidenza, non sono bastati per convincere gli Stati Uniti e non sono bastati per poter cooperare in piena trasparenza. Gli Stati Uniti, insomma, non si fidano e Huawei intravede nella diplomazia USA azioni predeterminate, una somma di posizione preconcetta che ha portato avanti analisi aventi finalità che esulano dalle reali evidenze raccolte su quanto indagato.
Contro gli Stati Uniti Huawei pone l’evidenza dei fatti, le testimonianze apportate, le dimostrazioni richieste e la storia stessa del gruppo. Ma contro gli States Huawei sottolinea anche il preconcetto di una commissione che prima ancora di chiudere le indagini già ammoniva informalmente le aziende americane consigliando di prestare attenzione a Huawei fintanto che non sarebbe stata dimostrata piena regolarità d’azione.
C’è tuttavia qualcosa di non detto in tutta questa storia, qualcosa che sconfina nel mistero del mondo dello spionaggio. Qualcosa che tutti sanno e nessuno ammette: la tecnologia è lo strumento primo dei tanti “Echelon” nazionali che i vari governi mettono in atto. La tecnologia è pervasiva poiché entra in ogni azienda, in ogni casa ed in ogni vita privata, si fa veicolo di informazioni ed in tale posizione può farsi al contrario anche importante recettore. Il timore non dichiarato dagli Stati Uniti non è che Huawei sia fattivamente una sorta di collaboratore diretto delle autorità cinesi, ma teme piuttosto che possa facilmente diventarlo nel caso in cui il paese orientale dovesse entrare in guerra con qualsivoglia realtà terza. La Cina o chi per essa, insomma, potrebbe sfruttare la tecnologia Huawei, così come la tecnologia ZTE, per raccogliere informazioni, distribuire malware, organizzare cyber-attacchi o altro ancora. Una sorta di cellula dormiente pronta ad essere attivata, e per questo motivo da isolare e monitorare.
Però, con Stuxnet…
Nulla di nuovo, del resto, e gli Stati Uniti non son certo scevri da colpe. Con Stuxnet, ad esempio, si è dimostrato come fosse possibile sfruttare Windows per diramare malware all’interno dell’industria nucleare iraniana, ed in quel caso furono protagoniste dello scandalo proprio mani a stelle e strisce in collaborazione con laboratori israeliani. Ma i casi dell’indiscrezione occidentale sono anche molti altri, il che proietta ora su Huawei i timori scatenati da una evidente coda di paglia maturata in anni di tensioni crescenti e punzecchiature reciproche.
Nella propria risposta pubblica Huawei professa piena collaborazione, promette la salvaguardia dei dati e delle infrastrutture dei propri clienti e ribadisce la propria estraneità da ogni dinamica di spionaggio. Il timore ha però ormai preso piede e l’azienda potrebbe pagare pesante dazio per i timori diffusisi sul mercato occidentale. Nel momento in cui l’azienda si stava buttando su Android e Windows Phone, trova sulla propria strada un comitato ostile e rischia di veder inesorabilmente erose le proprie possibilità di successo in occidente. Ma Huawei e ZTE sembrano essere soltanto l’effetto collaterale di una battaglia ben più ampia e segreta.
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