Un utente Apple che ha utilizzato Safari ha avviato una causa legale diretta a Google Inc. dopo la polemica sollevatasi giorni fa, quando il Wall Street Journal ha scoperto che il gruppo di Mountain View ha violato la privacy dei possessori di Mac e iOS utilizzando un illecito sistema di tracciamento sul browser predefinito dei prodotti con la mela morsicata.
La denuncia contro Google è stata avviata nelle scorse ore presso la corte federale di Delaware. Gli avvocati di Matthew Soble hanno tra l’altro l’intenzione di trovare altri utenti disposti a scagliarsi contro Mountain View, così da avviare una class action per l’elusione consapevole delle impostazioni di privacy di Safari al fine di tracciare le abitudini di navigazione di ogni utente Apple.
Nella documentazione depositata dagli avvocati presso la corte federale viene esplicato che Google ha violato consapevolmente e intenzionalmente la privacy degli utenti Safari, ma sebbene l’azienda di Sergey Brin e Larry Page abbia negato ogni accusa – spiegando che i cookie per l’advertising non abbiano raccolto alcuna informazione personale – ha immediatamente provveduto a disattivare le parti di codice indicate come fraudolente dopo che il Wall Street Journal l’ha contattato per un chiarimento circa la spinosa questione.
Secondo quanto affermato da Google per difendersi, altre aziende pubblicitarie userebbero la stessa tecnica DoubleClick per far sì che Safari funzioni come tutti gli altri browser attualmente disponibili sul mercato; Safari, si ricorda, consente di bloccare i cookie di terze parti ma a causa di un elemento invisibile per l’utente, DoubleClick è stato in grado di mantenere quei cookie necessari a tracciare le attività sul Web di un utente, violando le leggi federali sulle intercettazioni, così come sottolineato dagli avvocati che si stanno occupando della causa.
Anche i legislatori statunitensi stanno esaminando il caso Google e Safari: il senatore della West Virginia John D. Rockefeller IV ha spiegato che intende esaminare attentamente la procedura utilizzata da Google per “aggirare le scelte dei consumatori”.